Cose di famiglia 1 Patrizia - Lezione di sesso

“Senti, Mario, tua sorella ha chiesto se potevi fare alcuni lavoretti a casa sua …” “Che lavoretti?” “Un interruttore, mi pare, … e forse un rubinetto … non so ….” “Ok, va bene , ci passo oggi stesso …” “ma … non so … forse aveva detto qualche altra cosa …” “Invecchi, eh!” Ma scherzavo: mia madre è ben vegeta, ma non è mai stata una cima in quanto a disciplina mentale e memoria delle piccole cose. Invece Oriana, mia sorella, è esattamente l’opposto, precisa attenta ed anche premurosa; per me è stata la vera mamma; mia madre infatti mi ha partorito in tarda età, venti anni dopo la primogenita, Oriana per l’appunto, e più di dieci dopo gli altri due; per di più, Oriana è diventata mamma di Patrizia poco più di un anno dopo la mia nascita e, in qualche modo, ci ha accomunati nella crescita, al punto che Patrizia è per me una sorellina, più che una nipote, ed io per lei sono stato il primo e più importante compagno di giochi di scuola e di mille scoperte anche scabrose, l’amico del cuore, il complice di mille malefatte, insomma quel fratellino di poco più grande che tutte le ragazze, per quel che mi consta, sognano di avere.
Da qualche tempo le situazioni sono cambiate, per la diversità degli istituti superiori che hanno diversificato la cerchia dei compagni di classe, per le frequentazioni fuori della scuola, che portano me ad essere “il maschietto” di un gruppo di bulletti per la verità molto all’acqua di rose e mia nipote la “fighetta” di un giro da discoteca più rumoroso che altro; nelle sue grazie è entrata l’amica del cuore, Margherita, che io conosco poco e superficialmente; e credo che abbia fatto moltissime esperienze, come d’altronde io me la sono cavato alla grande. Ormai tutti e due maggiorenni, non abbiamo moltissime occasioni per stare insieme e non siamo più “culo e camicia” come è stato negli anni. L’affetto è fuori discussione tanto con lei quanto, più ancora, con Oriana che resta per me in assoluto il faro, il punto di riferimento, il grande amore per certi versi, tanto più per me, che godo fama (e non a torto) di avere migliaia di amori e di non essere innamorato di nessuna.
La richiesta di aiuto è quindi più che spiegabile, considerata anche la totale inettitudine di mio cognato per i lavoretti di casa (a mio avviso anche per certe altre “competenze” familiari; ma questo è un altro discorso); e il fatto che piombassi senza preavviso a casa loro, specialmente su richiesta di Oriana, è in sostanza più che naturale. Quando citofono, Patrizia mi riconosce dall’interfonico e mi apre il cancello senza parlare; la porta d’ingresso è aperta ed entro nel salone guardandomi intorno sorpreso dal vuoto totale; Patrizia compare all’improvviso dal corridoio del bagno, con un asciugamano a mo’ di turbante, un larghissimo pantaloncino stazzonato ed una canotta grigia di non so quale università che le scopre, anziché coprire, un seno ricco e solido che si erge prepotente sul suo fisico statuario. “Tua madre!?!?” chiedo sorpreso “E’ fuori con mio padre per tutto il giorno.” “Ma aveva parlato a mamma di certi lavoretti …” “Si … per la prossima settimana! …” “Ah!!! … Benedetta mamma e la sua memoria! … Va be’, allora scusami … vado …” “Dove vai? … Col cazzo che ti lascio andare … tu capiti proprio a “fagiuuolo” (il classico di Patrizia: deformare il suono delle parole quando vuole nascondere qualche esitazione!) “Sentiamo cos’altro sarebbe questo fagiuolo.”
Patrizia si accovaccia sul tappeto e mi invita a sedermi sul divano di fronte: da quella posizione non posso evitare di gettare gli occhi sulla svasatura dei suoi pantaloni che lasciano entrare lo sguardo fino alla figa rasata e tonica, apparentemente stretta e carnosa; oppure sullo scollo della maglietta che si apre fino a metà del seno e consente una quasi totale vista sul suo corpo. Il fratellino tra le mie gambe si agita un poco ma la riflessione che sono davanti alla mia nipotina riesce a fargli “abbassare la cresta” almeno per il momento. “E’ vero che la maggior parte delle cose che so le ho apprese insieme a te, sotto la tua guida, con la tua complicità?” accenno di si con la testa: la domanda è chiaramente retorica e non merita risposta “E’ vero che sei stato mio complice in mille marachelle, trasgressioni e malefatte, compreso il gioco del dottore e del malato quando eravamo ragazzini?” Altro cenno con la testa “Come te la cavi a sesso?” La domanda mi arriva in faccia come un palo della luce “Che vuoi dire?” “Quello che hai capito. Che conoscenza e che pratica hai di sesso? Per quello che ne so, non sei sposato, non hai un’amante fissa, non hai una fidanzata: come fai per scopare?”
Stento ancora a riprendermi dalla tranvata. Provo ad essere severo come se un anno in più di età facesse la differenza; ma è solo un modo per risolvere l’enorme disagio “Senti, piccola: questi sono cazzi privati nei quali è bene non interferire; certe cose si vivono e si gestiscono personalmente e non se ne parla così, in un salotto surreale con una ragazza che, non lo dimenticare, è comunque la figlia di mia sorella ….” Cerco di darmi un tono ma so perfettamente di non essere assolutamente credibile; scioglie il turbante che aveva fatto con l’asciugamano in testa e con pochi colpi fa sciogliere i lunghi capelli scuri “Senti, zzziiiio,” quando ci si mette sa essere al tempo stesso odiosa e meravigliosa “io posso anche chiederti scusa per aver cercato di violare la tua intoccabile “praivasiii”, ma questo non ti esime comunque dal rispondere ad alcune domande fondamentali per la dolce pulzella inesperta e ignara che è anche, guarda caso, la tua dolcissima e “pannaemielissima” nipotina amata e coccolata per diciotto anni. Quindi adesso rilassati e cerca di essere costruttivo.”
“Ok ricominciamo. Non sono e non credo di essere un pornodivo, ma il mio “terreno di caccia” ce l’ho; e non è neppure l’orticello del matrimonio per la scopata garantita o quello ancora più triste del fidanzamento sulla via del matrimonio / garanzia di scopata; io sono piuttosto per la scopata libera - o random, come piace a voi giovani (visto che io sono il vecchio zio) - e tutte le mie disinibite amiche che, quando gli prude, mi chiamano per farsela grattare; queste amiche, insomma, dicono in giro che sono ampiamente soddisfatte delle mie prestazioni; ergo, presumibilmente qualche cosa ne so. Cosa ti interessa in particolare?” “Tutto, dalla A alla Z, dove comincia il sesso, come si evolve e come si conclude.” “Vuoi farmi credere che non sai proprio niente, che non hai nessuna pratica?” “Non dire stronzate: io da te voglio la conoscenza scientifica, teorica e pratica, della scopata e dei suoi modi di attuarsi.” “Pratica!?!? Intendi dire che vorresti anche che scopassi con te????” “E che problema ci sarebbe: lo fai con tante amiche, perché con me no?” “Perché, guarda caso, sei mia nipote e sarebbe incesto” “Oggi sei proprio in vena di cazzate a buon mercato. Io ora mi tolgo questi straccetti, ti salto addosso, ti violento e vediamo il tuo cazzo quanto si rende conto che sono tua nipote!!!” “Ok, Ok, non esagerare. Allora: da dove partiamo?” “Dal “comincio”, è ovvio!”
“Il “comincio” nel sesso si chiama bacio” mi guarda con aria interrogativa, allungo una mano e la invito ad alzarsi: con la sua stazza scultorea mi domina totalmente; le passo le mani sui fianchi, la tiro con forza a me, quasi con violenza, e incollo le mie labbra alle sue, la costringo ad aprirle ed insinuo la lingua con la quale comincio a perlustrarle il palato, i denti, la lingua; lei se ne sta freddina a lasciarsi baciare senza partecipazione; stringo le mani sulle natiche e le sento sode, dure come il marmo e soffici come il velluto, passo la destra sotto l’ampia gamba del pantaloncino ed afferro la carne viva di una natica, faccio scorrere il dito medio sulla scanalatura tra le chiappe e, arrivato all’ano, premo dolcemente finché si rilassa, si dilata e mi lascia entrare fino alla nocca. Contemporaneamente, premo gli ossi pelvici a contrasto muovendo il bacino per strusciare gli inguini e sento il cazzo che prepotentemente si infila tra le cosce quasi a cercare la vulva. Patrizia mi guarda quasi spaventata come se non trovasse una spiegazione alle mie manovre. Interrompo la mia manipolazione. “Tesoro, tu non vuoi fare sesso; tu stai studiando la meccanica della copula ma non ami affatto il sesso!” Lo sguardo è tra la meraviglia estrema e la rabbia incontenibile. “Che cazzo dici!?!?” “Dico semplicemente che io sto cercando di accostarci al sesso, ad una sana e bella scopata e tu, invece, stai lì a guardare gli strumenti di analisi di un laboratorio, e per di più senza capirci un cazzo (che qui c’entrerebbe perfettamente!)”
“Non capisco …” Patrizia è veramente confusa e sconvolta; decido di prendere la cosa da un’altra prospettiva. “Senti, amore mio, il sesso è soprattutto comunicazione: scambiandoci liquidi, umori e sensazioni, ci comunichiamo tante cose che tu neppure immagini, non solo la saliva che vedi passare da bocca a bocca o gli altri fluidi che di volta in volta si producono. Ascolta … c’è un cazzo a cui tieni moltissimo, un cazzo che vorresti ad ogni costo scoparti, sentire penetrarti nel corpo e sconvolgerti tutta?” “Si … è quello di …” La fermo con decisione. “Non importa di chi sia. L’importante è che, ora che torno a baciarti, tu chiudi gli occhi e pensi a quel cazzo … capisci? … non a un qualsiasi bastone di carne, ma a quel cazzo con tutto quello che rappresenta: devi sentirlo che ti occupa la bocca al posto della mia lingua e che ti picchia sulla figa per entrarci, come fa il mio cazzo da sopra i vestiti. Ti è chiaro? Vuoi provarci?” Mi fa cenno di si. Le prendo la nuca con una mano e le poggio le labbra a ventosa sulla bocca aperta che prende a ingoiare la mia lingua e a leccarla mentre la penetro.
Sento le papille del palato che si sciolgono in dolcezza e producono saliva in quantità industriale, le labbra che si succhiano a ventosa e si muovono in tutte le direzioni per cercare nuovi contatti. Intanto il cazzo si è fatto d’acciaio e preme contro il pantaloncino; infilo una mano tra i nostri corpi e abbasso l’elastico della tuta fino a liberare il cazzo che scatta come una molla contro il pube di lei; con la stessa mano, sollevo l’orlo del pantaloncino e consento al cazzo di assaporare la carne viva, soda e dolce, dell’interno coscia fino al limite della peluria della figa. Sento che Patrizia inarca la schiena spingendo il bacino contro il mio alla ricerca di un contatto più intimo; e quello che sento colare lungo le cosce non è certamente orina ma liquido vaginale. Intanto la sua bocca continua ad esplorare la mia e a sciogliersi in godimento e saliva che mi inonda la bocca offrendomi il piacere intenso del suo sapore che mi accorgo di aver amato da sempre. Spingo un poco col ventre facendo scivolare il cazzo un poco più avanti verso la figa e, più oltre, verso l’ano che non posso raggiungere, per la conformazione del suo corpo, ma che sento pulsare sotto il dito che è tornato a penetrarlo. “Ohhhhhh …. Sborro … sboooooorrrrrroooooo :::” Patrizia strabuzza gli occhi facendo apparire il bianco delle pupille, respira e fatica ed esplode con tutto il corpo. La lascio tremare un poco tra le mie braccia mentre le lecco il viso, le guance, la fronte, quasi ad impossessarmi del suo sapore.
“Come va?” le chiedo appena la sento un poco più rilassata. “Da Dio; non credevo che un solo bacio potesse dare tanto languore da portare addirittura ad un orgasmo della forza di quello che ho avuto.” “Mi sa che, in quanto a baci, non hai fatto molte esperienze corrette … A proposito, ti è servito il transfert al cazzo ambito?” “Solo per qualche istante, all’inizio, poi ho capito che stavo baciando te, che era il tuo cazzo a bussare alla mia figa ed è stato tutto strepitoso. Comunque, il transfert iniziale è stato fondamentale.” “E’ sempre così; anche nei rapporti più soddisfacenti, puoi stare certa che quasi sempre ciascuno sta mentalmente scopando con un partner (o una partner) diverso e in questa commistione tra “normalità coniugale” e “trasgressione mentale” c’è sempre il segreto delle unioni riuscite.” “Dici che anche con mamma e papà …” “Tu li vivi direttamente e adesso dovresti essere in grado di valutare in che direzione vanno le loro alternative.” “Ora che ci penso, è stata mamma a raccontarmi le mirabilia sulle tue capacità amatorie che le avevano raccontato alcune amiche che le avevano sperimentato “sulla pelle”. Non è da escludere che il transfert dei suoi sogni erotici sia proprio il tuo cazzo; e, pur avendone assaggiato solo una piccolissima parte – e anzi proprio per questo – devo testimoniare in fede che è fama meritata.” “Vaffanculo” le urlo “non ti basta l’incesto con mia nipote; ora vuoi istigarmi anche a quello con mia sorella …” “Se lei ne ha bisogno e a te non dispiace, io non vedo nessun problema.” Decido di chiudere un discorso così spinoso.
“Allora, abbiamo stabilito che il primo step del sesso è un bacio dato come Dio comanda. Cosa c’è dopo?” “Hai visto che, mentre ci baciavamo, ho spostato il mio cazzo tra le tue cosce. Il secondo step può essere proprio questo, le mani sul cazzo e sulla figa, in altri termini la masturbazione.” “Beh, quella è semplice; ho cominciato a fare le prime seghe alla scuola media!” “Alla scuola media!?!? Ma stavi nella classe vicino alla mia !!!!!!” “E allora!? Le più belle seghe forse le ho fatte proprio in classe, durante le lezioni. Mi ricordo che ci appartavamo nell’ultimo banco, lui aveva provveduto a fare un taglio nella tasca del pantalone e così io gli prendevo in mano il cazzetto da dentro la tasca e lo menavo per ore, tanto non sborrava ancora” “Ma di chi stai parlando?” “E che ti frega, son passati tanti anni che non ricordo né il nome né il viso né il cazzetto, Ma tu per caso soffri di gelosia retroattiva?” “No, ma mi turba sapere che già facevi la troietta quando io difendevo la castità della dolce pulzella” “Ma va’! E se fossi capitato nei cessi quando mi esibivo nel mio repertorio straordinario di segaiola e pompinara? Avresti scatenato la guerra per la “castità della tua pulzella”? Tra l’altro, il più grande che ho “manovrato” era proprio quello di un tuo compagno di classe, Valentino mi pare, che appena glielo presi in mano sborrò come una fontana.” “Stronza!!!!” “Grazie, amore. Per allora o per adesso?” “Per la troiaggine in assoluto, di ora e di allora. Ti amo. Torniamo comunque al nostro discorso. Ti spiace farmi vedere come fai una sega?” “Prontissima” Non ci fu neanche bisogno di tirar fuori il cazzo che già si ergeva prepotente fuori dalla tuta.
Patrizia lo afferrò delicatamente alla radice e cominciò un movimento di vai e vieni lungo l’asta che era, si, piacevole; ma non dava nessuno scossone e non rendeva molto partecipe me della manipolazione che lei eseguiva diligentemente. Le presi il polso per fermarla e cominciai a dirigerla, spiegando che la pressione della stretta doveva essere calibrata alle sensazioni che ne riceveva il partner segato e che queste si intuivano dai movimenti del pelvi, dalle contrazioni dell’asta e anche del perineo o addirittura dai movimenti dei muscoli del ventre. Di fronte ai suoi occhi sgranati dalla meraviglia, sentii di doverle spiegare, ancora una volta, che il sesso è soprattutto comunicazione e sintonia, per cui, quando si scopa a lungo con una persona, certe emozioni si leggono sul corpo dell’altro come in un libro aperto e che, anzi, quelle sensazioni si trasmettono pari pari a noi che le generiamo. Naturalmente, le dissi, il discorso è bidirezionale perché vale tanto per la masturbazione maschile quanto per quella femminile: un bel ditalino, alla fine, può sostituire qualunque scopata mediocre. Patrizia mi guardò con aria interrogativa; le suggerii di accarezzare la cappella con delicatezza e di giocare con il pollice sul frenulo e sul buchetto uretrale.
Restava comunque nel limbo della buona volontà, senza metodo né regola. Glielo dissi e le spiegai che la sega bella andava fatta innanzitutto a due mani, indipendentemente dalla lunghezza dell’asta, per poter accarezzare anche i coglioni e strizzarli quando si volesse interrompere un orgasmo incipiente. Patrizia sembrava quasi sconvolta dalla “scoperta”; le dissi di riprendere la sega ma di metterci più amore, di accarezzare con intensità il cazzo e portarlo il più possibile al piacere, fin quasi alla sborrata per stringere i coglioni e bloccarla sulla conclusione. Cominciò a farlo con molto impegno e probabilmente trovò il giusto feeling con la sega perché i suoi movimenti mi eccitarono moltissimo e più volte fui vicino all’orgasmo e ogni volta lei lo interruppe con violenti strizzoni alle palle. Quando mi vide reagire con una violenta contrazione per le fitte di piacere, lei capì il senso del discorso e la sua sega divenne improvvisamente artistica, con ghirigori fatti ad arte, pressione forte sulla radice del cazzo e delicate carezze sulla punta
Intanto, per completezza, avevo appoggiato la mano sulla figa, ancora semicelata dal pantaloncino, ed avevo iniziato il percorso per il suo ditalino. Le presi la figa a piena mano e la strinsi con vigore, dall’ano al monte di venere, poi feci scattare il medio che andò a brucare tra i peli della figa finché trovò il punto morbido e acquoso dove le grandi labbra si aprivano per l’accesso alle piccole e, da lì, alla vulva. Cominciai a passare delicatamente il dito sull’interno delle grandi labbra, prima una poi l’altra; Patrizia mi stringeva il braccio ogni volta che una fitta la colpiva nella figa; quando la punta del dito sentì il caldo umido e morbido delle piccole labbra, si mosse circolarmente e le strette al braccio si fecero continue e intense “Mario, stai attento: in figa sono ancora vergine e non vorrei essere deflorata da un dito.” “Ancora vergine?!? E il resto???” “Il culo no, l’ho dato da tempo, così come la bocca.” “Come mai la figa no?” “Ho deciso che voglio scopare alla grande ma che la verginità deve prendersela un cazzo che per me rappresenti molto. Non penso a fidanzamenti o matrimoni per legge. Solo che la prima scopata in figa la voglio fare con un cazzo per me speciale.” “Ok. Tutto a posto, non pensavo affatto di sverginarti col dito. Starò più attento.”
Non è facile riprendere la tensione interrotta così banalmente; ma Patrizia è molto calda e vogliosa; ed io mi sono talmente compenetrato in questa condizione di padrone assoluto del suo corpo, delle sue reazioni e sensazioni, che ci vuole poco perché la temperatura si alzi. Siamo anche coscienti che stiamo portando la goduria ad un livello irreversibile; ma è troppo piacevole e intrigante per tornare indietro; Patrizia, poi, sembra veramente assorbire ogni indicazione per migliorare le sue enormi qualità di scopatrice e non ho nessuna intenzione di deluderla. Continuo così a titillare la rosellina delle piccole labbra e mi sposto lentamente su fino ad incontrare la protuberanza del clitoride. Attraverso il dito, i tessuti del clitoride mi danno una sensazione di “prima volta”, di verginalità assoluta che io profano col mio dito; ma gli urli soffocati dicono di un godimento di lei che sarebbe eresia interrompere: comincio a muovere in cerchio la punta del dito sulla piccola appendice, quasi una cicatrice molle nella dolcezza del fiore roseo (che non vedo ma immagino e “sento” con le dita) delle piccole labbra che lacrimano umori da orgasmo irrorando tutta la figa; appena raggiunge una giusta consistenza, lo prendo fra due dita e lo masturbo come un piccolo cazzo.
Patrizia si inarca tutta e i piedi perdono contatto, rovina quasi sul tappeto a cosce spalancate; mi precipito su di lei e riprendo il contatto da dove l’aveva interrotto. Devo manipolarla a lungo, adesso, e sollecitarla esplorando ogni volta nuove aree della figa fresca, stretta, umida, provocante, giovane, verginale. Mi imbestialisce l’idea di quell’imene ancora intatto in un corpo già ormai vissuto; considero quasi una bestemmia lasciarlo lì a farsi gioco del sesso completo; ma amo molto Patrizia e non posso in nessun modo violarla. Mi dedico con entusiasmo al clitoride e comincio a masturbarlo come un piccolo cazzo. E come tale mi cresce e monta tra le dita; Patrizia inarca sempre più la schiena preparandosi forse ad un orgasmo inatteso per le sue abitudini. Esplode come un vulcano: dalla figa che espelle insieme orina e liquidi seminali; dall’ano che le scatena piccole scoregge appena avvertibili, di cui lei si vergogna ma che io accolgo con lussuriosa goduria sperando anche - inutilmente - di sentirne l’odore, che però non c’è essendo provocate da altre pulsioni; dal ventre che è un continuo sobbalzare come per scosse violente di terremoto, prima, e di assestamento, dopo; dalla bocca che lascia andare gemiti sospiri e monosillabi incomprensibili. La sto a guardare per qualche minuto, totalmente preso e sopraffatto dallo spettacolo del suo godimento totale; poi mi stendo su di lei e prendo a baciarla facendole sentire il peso del mio cazzo rigido fra le cosce, molto accosto alla figa.
“Lo step successivo lo stiamo già mettendo in pratica.” Esordisco non appena ci siamo alquanto ripresi. Patrizia mi guarda con aria interrogativa. “Hai mai sentito parlare del “coscialino”?” Altra espressione di meraviglia. Assumendo un’aria pontificale del tutto ridicola “Dicesi coscialino il rapporto per cui un cazzo viene appoggiato tra le cosce (da cui il termine) di una donna il più possibile accostato alla figa ma senza nemmeno un accenno di penetrazione; si svolge in piedi o sdraiati, faccia a faccia o di spalle. Nel primo caso, l’asta del cazzo struscia direttamente sui peli della vulva e stimola insieme piccole labbra e clitoride; se si tratta di cazzo particolarmente lungo, la femmina può portare la mano sul culo e appoggiare la cappella all’ano sul quale fare pressione per una eventuale successiva penetrazione. Nel secondo caso, a beneficiare è soprattutto il buco del culo grandemente sollecitato dallo sfregamento, ma soprattutto ne gode il ventre del maschio che viene riempito, accarezzato e stimolato dal culo della femmina, che ci si augura ampio, capace e morbido per far godere tutto il ventre. Risulta che in molti popoli venga usato, insieme alla sega, al pompino e all’inculata, per evitare penetrazioni in figa che, oltre ad essere naturalmente un pericolo per il rischio di maternità indesiderate, sono per certi paesi improponibili prima del matrimonio.”
“Adesso mi fai anche la lezione di storia?” ”No, semplicemente ti indicavo un modo alternativo di usare cazzo e figa senza quella deflorazione che dai tuoi costumi è temporaneamente esclusa.” “Effettivamente, mi è piaciuto sentirmelo scivolare fra le cosce; penso che da dietro sia altrettanto piacevole.” “Si, ma non chiedermi di sperimentare perché mi sono fermato tante di quelle volte che un'altra erezione bloccata senza sborrare mi fa rischiare l’infarto.” “Ma tu puoi anche sborrare: io l’avrò fatto già una decina di volte … e ti parlo di quelle grosse non di quelle piccole che sono ormai centinaia.” “Sticazzi … tu sei femmina e per di più multiorgastica; quindi staresti a sborrare consecutivamente anche per tutto l’arco della giornata per trovarti poi solo con un po’ di emicrania. Io, se sborro, ho bisogno di tempo per recuperare fino a poterne fare un’altra … e non è detto che ci riuscirei …” ”Dai, non stiamo a gareggiare a chi spruzza più lontano. Passa allo step successivo.” Intanto però le chiedo di fermarci e di bere qualcosa. C’è anche del caffè preparato la mattina; Patrizia sa che non mi dispiace il caffè freddo e me lo propone. Lo bevo volentieri anche perché mi ristora veramente.
“Per il prossimo step dobbiamo emigrare e trasferirci in Spagna; infatti quella che ti propongo è la classica “spagnola” la sborrata ottenuta facendo scivolare il cazzo nell’incavo tra le tette. Se il cazzo è abbastanza lungo, si può prolungare il movimento fino a far arrivare la cappella alla bocca ed abbinare quindi la spagnola al pompino; normalmente però - con cazzi normali, cioè - tutto si svolge all’interne delle tette, specialmente se sono belle piene e carnose: in ogni caso, è opportuno che lei tenga le poppe strette intorno al cazzo per offrirgli la stessa sensazione che danno le cosce o le natiche. Il chiavatore normalmente sta seduto sull’addome della donna e spinge il cazzo avanti e indietro; qualcuno spalma anche della vasellina tra le poppe per facilitare lo scorrimento.” Patrizia ha un’aria interrogativa, quasi sospettosa; le rivolgo uno sguardo interrogativo. “Ne avevo sentito parlare, ma non l’ho mai fatta.” “Cosa posso provare io, lo so; cosa invece tu, mi è ignoto e tu puoi sperimentarlo solo in diretta.” Detto fatto si stende sul divano e libera le tette; mi sfilo la tuta e mi sistemo a cavalcioni sul suo stomaco, piazzandole il cazzo tra le tette: poiché è abbastanza lungo, quando spingo in avanti va a toccarle il mento. Patrizia raccoglie le poppe dall’esterno e le pressa verso il centro includendo il cazzo; io comincio a muovermi avanti e indietro con una certa foga; lei ricorda quel che ho detto, tira fuori la lingua e sporge il mento per arrivare a lambire la cappella; non solo ci riesce ma addirittura, su una mia spinta più vigorosa, riesce a catturarla in bocca. Con un certo sforzo riesco a sfilarle il cazzo e a tirarmi indietro.
“Il prossimo step sarebbe il sesso orale, inteso non solo come pompino ma anche e soprattutto come leccata e succhiata di figa. Sul pompino mi pare di vederti preparata.” “Beh, anche qui le prime esperienze risalgono alle scuole medie …” “Sempre con cazzetti di ragazzini?” “No, un pompino l’ho fatto anche al prof. di scienze e, per evitare che mi denunciasse, fui costretta a farlo anche al bidello. Ma non mi piacque per niente … Poi ne ho fatti sui sedili delle macchine, nelle fratte dei parchi, durante qualche festa … insomma, ne ho fatti un bel po’ … ” Cercai di farle capire, senza offenderla, che comunque di esperienze rudimentali e “fanciullesche” si trattava e che un pompino vero è altra cosa. Le ricordai il discorso fatto per la sega e i meccanismi che lei aveva poi sperimentato, spiegandole che si adattavano esattamente anche al pompino; in particolare, le ricordai che le palle nel coito orale hanno importanza anche maggiore che nella masturbazione e che bisogna saperle accarezzare leccare mordicchiare e succhiare assai più che nella sega. Annuì convinta e si applicò a spompinarmi, col risultato che dopo pochi minuti dovetti imporle di smettere se non voleva farmi sborrare e porre fine alla chiacchierata.
“L’altra faccia del coito orale è la leccata di figa, pratica che è quasi sconosciuta alla maggior parte dei maschi; o, almeno, che viene praticata con molta approssimazione. Comunque in questa specialità conta molto la sensibilità e la sintonia: cogliere come e dove si deve leccare, quando e come si deve succhiare o mordere, dipende non solo dalla sensibilità del maschio che lecca ma anche e ancora di più dalla collaborazione della femmina che viene leccata. In questo caso, conta poco l’enunciazione teorica; è più importante la pratica per chi lecca e per chi deve orientare la leccata sulla base delle sensazioni che riceve.” Non c’era bisogno di altre precisazioni: Patrizia si sfila il pantaloncino si sdraia supina sul tappeto e spalanca oscenamente le cosce porgendomi la vista diretta della sua figa verginale (ma non troppo!). Mi ci fondo con la bocca quasi selvaggiamente e comincio a leccarla tra le grandi labbra; mi prende la testa e dirige la lingua verso le piccole labbra e poi verso il clitoride; quando lo prendo in bocca e inizio a succhiare, sento fremiti del suo ventre che indicano un grosso orgasmo in arrivo. Mi esplode di nuovo in bocca ed io mi precipito a interrompere l’azione per non eccedere. Mi guarda con odio mentre mi alzo in piedi.
“Un’importante conseguenza di questi ultimi due passi è quello immediatamente successivo, vale a dire il “69”. Di fronte alla faccia meravigliata di lei, decido semplicemente di stendermi supino sul tappeto e invitarla a montarmi sopra nella posizione testa - piedi che, le spiego, origina la denominazione. Coglie subito l’obiettivo e si fionda sul cazzo imboccandoselo fino a soffocarne. Le prendo le gambe e la dispongo sopra di me in maniera da avere davanti tutti interi figa e culo; con la lingua li percorro più volte, dal monte di venere all’ano e spingo con forza a penetrare con la lingua sia nella fighetta vergine che nel culo decisamente spanato. La stimolazione, in particolare del clitoride e delle piccole labbra, le continua a provocare fremiti da orgasmo e decido di risparmiarle altre esagerazioni. Le pizzico le natiche sode e appuntite, la prendo per le anche e la sposto dalla mia bocca; ma non accenna a mollare la presa in bocca del cazzo; sono costretto a spostarla con violenza. “Sborrami almeno una volta in bocca! …” sembra quasi che implori. “Lasciami completare e avrai la tua sborra, non preoccuparti; sarai tu a decidere dove e come.”
“Gli ultimi step importanti sarebbero la scopata in figa e quella nel culo. Ma della prima non potremo parlare se prima non la darai al “principe azzurro”; per l’inculata, un’avvertenza è necessaria e riguarda l’igiene intima, vale a dire la pulizia dell’intestino. Può sembrarti superfluo, questo discorso; ma è fondamentale specialmente se consideri che, in una situazione normale, il cazzo passa spesso facilmente da culo a figa e a bocca, con conseguenze che possono essere gravi per la trasmissione di germi patogeni dalla cacca a tutto il corpo. Normalmente si pratica con attenzione e frequenza il clistere, anche più volte, quando ci si prepara ad incontri dove è presumibile un rapporto anale. Alcuni miei amici, omosessuali convinti, mi hanno parlato di una pratica diversa, non so fino a che punto applicabile normalmente.” “Di che si tratta?” “In sostanza, di irrigarsi direttamente l’intestino con il tubicino della doccia e riempirsi più volte il ventre per scaricare quanto più è possibile le scorie dall’intestino. Quelli che lo praticano assicurano che ripetono l’operazione addirittura fino a quando non espellono solo acqua limpida.” “Mi sembra una cosa stupida e schifosa!” “No; pare addirittura che qualcuno riesca a provocarsi degli orgasmi anche possenti con l’inserimento della cannula e le instillazioni successive.” “Che ne diresti di farmi provare?” “Se proprio ti va, io posso solo seguire le istruzioni che mi sono state date.” “Andiamo in bagno!” Mi prende per mano e mi porta nel box doccia.
L’impianto prevede tra le altre cose un doccino per l’igiene intima da cui Patrizia stacca facilmente il terminale ottenendo un cavo non molto grosso; prende della vasellina e ne unge abbondantemente il terminale; io faccio altrettanto con il suo ano, con mio sommo piacere quando le ungo a lungo l’interno con due dita che ruotano per favorire la distribuzione del lubrificante; anche a Patrizia il giochetto non dispiace e si agita un poco mentre la penetro. Inserisco infine il tubicino e noto che lei ci gode; lo faccio penetrare per una decina di centimetri poi apro l’acqua regolata su temperatura tiepida. Anche l’entrata del liquido nel ventre è per lei fonte di piccole fitte di piacere; quando Patrizia mi avverte che le comincia a dare fastidio l’acqua nella pancia, le raccomando che, quando estrarrò il tubicino, tappi il buco del culo con un dito e vada a scaricarsi nel water: lo fa diligentemente e, quando ha scaricato, si volta a guardare nella tazza ed esclama “Caspita, quanta ne avevo!” ripetiamo l’operazione ancora un paio di volte e, alla fine, la sculaccio affettuosamente e le dico “Adesso il tuo culetto è pronto per un bel cazzo!”
Tornati in salone, Patrizia si stende sul tappeto ma tutta la sua attenzione è per il suo pancino che trova più morbido e bello. “E’ vero che adesso è più scopabile il mio culetto? Ti piace la morbidezza del mio pancino?” “Sentirai la durezza del mio, quando ti infilerò il cazzo dal culo fino allo stomaco e sbatterò intensamente il mio ventre sulle tue dolcissime natiche.” “Perché vuoi farmi male al culetto e al pancino?” Scherza con aria fanciullesca. “Non ti faccio male; anzi, ti farò godere come una scimmia, perché io lo so che a te piace il cazzo nel culo.” Poi, cercando di recuperare un minimo di serietà riprendo da dove mi aveva interrotto. “Tornando al discorso sull’inculata, la posizione preferita in generale - e credo anche da te - è naturalmente quella “a 90 gradi” detta anche “a pecorina” ma qualche variante ci può essere ed anche di particolare piacevolezza.” Conferma accennando di si con la testa. La faccio mettere a novanta gradi con le tette appoggiate sul tavolo e le struscio la cappella sull’ano che palpita e sembra aprirsi a ricevere il cazzo. Ma voglio per ora solo dimostrare: le prendo le tette da dietro e, stimolando i capezzoli, le spiego che il bello di quella posizione è soprattutto la pressione delle natiche sul ventre che rende più totale il rapporto, provocando orgasmi di diversa origine; ma aggiungo anche che la manipolazione delle tette e dei capezzoli, se fatta con intelligenza, garbo e sapienza, può provocare un piacere indicibile. “Per lo step successivo, devo per forza incularti; ma ti prego di aiutarmi a non sborrare perché non è ancora il momento di concludere” Accenna di si con la testa senza voltarsi. “Ma se poi godo tanto ….” “Fai uno sforzo, ti trattieni e dopo scoprirai che godrai molto, molto di più.” Il solito cenno di assenso. “Devo prendere la vasellina o pensi di poter fare senza?” “Vai; anche se dovessi farmi male, ti voglio nel culo e quindi va bene lo stesso.”
La faccio inginocchiare sul tappeto, mi abbasso dietro di lei e lecco con amore e intensità il buco del culo, finché sento che si rilassa, cede e tende ad aprirsi; infilo un dito e lo faccio scorrere liberamente dentro; aggiungo un secondo dito e poi un terzo e li ruoto per dilatare lo sfintere. Quando sento le dita girare senza sforzo, accosto la cappella all’ano e spingo con cautela; i tessuti cedono ma il rapporto tra il diametro del mio cazzo e quello del forellino è decisamente sfavorevole; lo sfintere si tende e sforza, Patrizia irrigidisce tutta: sento che sta soffrendo e le chiedo se vuole che smetta “NOOOO!!!!” mi urla “spingilo dentro, fino in fondo, fammi sentire i coglioni sulla figa!” Spingo in maniera definitiva e l’asta penetra fino in fondo; mi fermo con le natiche premute sul ventre, le mani che artigliano le anche e il sudore che scorre da me su lei e da lei sul pavimento. “Come stai?” chiedo.
“Aspetta e te lo dico” si gira verso di me e vedo le lacrime che hanno rigato il volto. “Porca miseria … ti ho fatto tanto male …!!!” “Non quanto il bene che mi fa adesso il tuo cazzo nel culo; è meraviglioso, ora che il dolore sta passando.” “Toccati la figa e masturbati: ti allevierà la sensazione di dolore.” Lo fa. “Ma fin qui non c’è niente di nuovo. La posizione “dog” cambia poco rispetto al mio “piegamento a 90 gradi” tradizionale.” “Aspetta …”
Mentre parliamo, faccio pressione sul suo dorso e la obbligo a schiacciarsi sul pavimento finché si stende bocconi con tutto il corpo schiacciato; mi sollevo un poco e sposto le sue gambe fino a congiungerle al centro “Ma così rischi di farlo uscire …” “Buona!” e intanto comincio a scivolare sul suo dorso con tutto il corpo; quasi per naturale necessità, il cazzo scivola avanti e indietro nel suo culo: gemiti si alzano dalla pancia di Patrizia, che nella bocca diventano urla di piacere “Si … così … spingi … chiavami … sfondami … fammi sborrare .. ci sono vicina ….” ”NO” lo dico quasi con ferocia e blocco il movimento. “Adesso devo uscire; fai attenzione perché può essere doloroso come entrare” “Perché vuoi uscire senza sborrare?” piagnucola “Fidati .. aiutami a uscire.” A malincuore, spinge come le ho indicato ed io estraggo lentamente la bestia finché, con un “flop” particolare, scivola via dal culo. Vedo Patrizia che si massaggia l’ano per alleviare il dolore e le chiedo se se la sente di concludere con l’ultima proposta. Mi guarda con odio: “Adesso devi andare fino alla fine, anche se dovessi squarciarmi il ventre!” “Non esagerare: voglio solo incularti da un’altra posizione!” Mi guarda con aria interrogativa mentre io la faccio sdraiare di schiena sul tavolino basso e mi colloco tra le sue cosce.
Patrizia mi guarda quasi spaventato “Ma che hai intenzione di fare? Non vorrai rompermi la figa?????” Sorrido “Stupida! Pochi minuti fa, la cosa più semplice da fare sarebbe stata abbassare la punta del cazzo dall’ano alla vulva e fartelo entrare fino alla cervice dell’utero. Ma io non sono una carogna come la mia dolce nipotina. Per farti capire, ti dico solo che sarà nel tuo culo meraviglioso che chiaverò - e stavolta sborrerò anche - ; ma lo farò guardandoti negli occhi. Voglio imprimermi bene nella memoria questa prima volta che inculo il mio unico grrrrraaaaaande amore; e voglio ricordarla con l’espressione del suo volto, con la bellezza delle sue tette, con la dolcezza del suo ventre, titillandole la figa mentre la inculo; non voglio ricordare questo momento con l’immagine di una schiena piegata e di una massa di capelli. Riesci a capire?” “E come pensi di fare?” Non le rispondo, mi limito a prenderla per le caviglie e ad alzare le gambe fino al mio viso; le appoggio sulle spalle e manovro tra la figa e il culo per titillarla; quando sento che le dita scivolano libere nel culo, accosto la punta del cazzo all’ano e con lo sguardo le chiedo se posso; mi sorride e con la testa mi incita a penetrarla. Ha una smorfia di dolore quando la cappella forza lo sfintere e passa aprendo la strada all’asta; ma quasi subito dopo la sua espressione si apre ad una strana dolcezza languida e innamorata; allungo le mani a carezzarle il ventre e a giocare con l’ombelico; mi spingo fino a succhiarle un capezzolo.
Si solleva con un certo sforzo e mi tira la testa verso di sé fino a quando le nostre bocche si incontrano. E’ un bacio dolcissimo, quasi tenero, da innamorati. Sposto le mani sulle anche e comincio a picchiare nel suo culo con violenza; Patrizia si infila due dita in figa e si masturba con amore. La goduria della scopata è infinita e mi sento bollire tutto l’apparato genitale: il cazzo mi si gonfia nel suo ventre, le palle mi dolgono tanto sono gonfie e tutti i terminali nervosi sono scossi quando la sborrata si avvia dal profondo del mio essere. “Sto quasi per sborrare. Dove vuoi che lo faccia?” le chiedo “Aspetta un attimo e sborra insieme a me. Ce la fai?” “Ce la farò. L’orgasmo simultaneo è uno dei grandi traguardi del sesso. E io lo voglio realizzare con te, da subito, dalla prima volta che ti sborro dentro. Ti voglio tanto bene. Voglio veramente il tuo bene, qualunque esso sia.” “Anch’io ti voglio bene … Sborro … goooodoooo … siiiiiiiiiii … sbooooorrrrroooo” Il suo urlo si spegne lentamente mentre la mia sborra si scarica con violenza nel suo ventre. Non è facile rilassarsi, specialmente se si hanno venticinque centimetri di cazzo piantati nel culo. Ma Patrizia è solida e assorbe bene; dopo qualche minuto di recupero, il respiro le ritorna normale, tutto il corpo si rilassa e, pian piano, spinge fuori dal culo il cazzo che, barzotto stavolta, non ha molte difficoltà a uscire.
“Non so se è solo una mia impressione, ma quest’ultimo orgasmo mi è sembrato che scaturisse dal culo, non dalla figa.” Commenta quando si è ripresa. “Esiste l’orgasmo anale e ovviamente si verifica in seguito a un’inculata particolarmente bella ed efficace. Può darsi che tu effettivamente sia venuta di culo; ma per esserne certa devi verificare - e lo puoi fare solo tu - con un confronto con altri orgasmi, diciamo “normali”, o meglio con altre occasioni che spero tu avrai di godere con la stessa intensità.” “Chi è stato che ha detto che “mito” è quello che avviene una volta per tutte e quindi è irripetibile? Beh, se è vero, allora questa inculata è quanto di più mitico conosco.” “Scommetto che tra poco dirai che soooolooo iiiioooo sono il tuo grande, luminoso immmmmmennnnnssssooo azzurrissimo ammmmoooorrreeeeeee!” Cerco di raffreddare le emozioni. “Ecco!!!! Sei sempre il solito stronzo. Io ti sto dicendo una cosa bella e tu la mandi subito in vacca!” La prendo tra le braccia e la bacio con delicata passione. “Attento! Se mi alzi così, distribuisco la tua sborra per tutta la casa; prendimi dei tovaglioli di carta, sbrigati!” “Hai visto? Fine della poesia … si torna al quotidiano …” “ che adesso è molto, molto, molto più bello!”

Cose di famiglia 2 Patrizia - L'amica del cuore
Non mi riesce mai di fare colazione a casa, anche se mamma si dà un gran da fare per prepararmela; preferisco andare nel bar sotto lo studio che è un poco il punto di ritrovo di certi amici. Stamattina una nota nuova e particolare sembrano due “sventole” appollaiate sugli sgabelli dall’altro lato del bancone; quando chiamo il barman che sta servendo loro due intrugli (presumibilmente long drink vegetali di sua invenzione) una delle due mi fa ciao ciao con la manina e per poco non mi viene un colpo quando riesco a focalizzare che si tratta di Patrizia, la MIA Patrizia : abbracci e baci, naturalmente, con tutto l’entusiasmo possibile “Ciao, zione: come ti butta?” “Ciao, figona, e a te?” “Questa è la mia amica Margherita, Margie per gli amici” “Ma io sono un amico?” “Chiaro che si” interloquisce Margie “altrimenti non saremmo qui ad attenderti come il Messia.” “Aspettate me?!?! Come mai?” “Tu sai che Margie è la mia amica del cuore?” “Si, so bene chi è che ha preso il mio posto nel tuo cuore” “Niente affatto, il cuore di Patrizia è grande e ci si può stare anche in due, forse un po’ stretti ma senza ostacolarci.” “Beh, se si tratta di stringerci, ci sto …” “Attenta, questo pizzica!” avverte Patrizia. Poi torna seria. “Al di là degli scherzi, te lo dicevo perché non ti meravigliassi che le ho parlato molto anche di noi.” “Di noi?!?! In che senso, scusa?” “In TUTTI i sensi, compresi quelli che non vorresti.” “Ok; e allora?”
“Io sto vivendo una situazione assai difficile e delicata. Ho bisogno di parlarne con qualcuno per non scoppiare.” E’ ancora Margie a parlare. “Non hai nessuno nella cerchia dei familiari e degli amici con cui condividere questo problema?” Sorride amaro. “Meno che mai posso parlarne a loro.” “Quindi vorresti che io mi facessi coinvolgere in qualcosa di cui non conosco la portata a rischio di rimetterci …” “Non fare lo stronzo: qui si tratta di far stare bene la mia amica, non di fare il cagasotto e nascondersi dietro i luoghi comuni.” Patrizia quando ci si mette sa essere diretta. “Al tempo!!!! Io non voglio nascondermi da niente e da nessuno. Cerco di capire se sto per infilarmi in un troiaio e in nome di che cosa.” “In nome del grande amore che proclami di avere per la più bella ragazza del mondo. Lo capisci che Margie è l’altra faccia di me?” “Ho capito. Mi stai incastrando ancora come sempre, da quando tu facevi le marachelle e io me ne accollavo la colpa perché ti adoravo” “E invece adesso sono io che ti adoro!!!!” Il bacio non me lo scocca sulla guancia ma sulla bocca, infilando per un attimo la sua linguetta. “Quando possiamo vederci per parlare?” Margie è ansiosa. “ Se per te va bene, domani posso disdire i pochi impegni e tenermi la giornata tutta per te.” “Si, mi sta bene. Dove ci vediamo?” “Verso le 15 qui stesso; il mio studio è a pochi passi” Al momento di congedarci, Patrizia mi scocca un bacio appassionato e anche Margie, quasi per essere veramente l’altra faccia di Patrizia, mi bacia sulla bocca e infila la lingua a frullarmi dentro. Qualcosa non gira per il verso giusto; ma ormai posso solo aspettare.
Sono solo le 14 quando esco da casa fresco di doccia e pimpante come un giovincello; per l’occasione ho indossato jeans, maglietta e scarpe da ginnastica; persino il barman si meraviglia quando mi vede arrivare, abituato a vedermi “imbalsamato” di tutto punto quando vado in studio a lavorare e specialmente se ho appuntamento con dei clienti; naturalmente, ieri ha assistito a tutta la “manfrina” e certamente ha “registrato” i baci sulla bocca, anche se non sa che Patrizia è mia nipote e che, quindi, le sue personali illazioni andrebbero riviste, almeno ufficialmente. L’occhietto complice si ripete quanto, poco prima delle quindici, vede apparire Margie splendida in un vestitino estivo che non nasconde niente delle sue forme scultoree, anzi fa trasparire persino l’assenza totale di reggiseno e il minitanga che si nasconde nella figa e nelle chiappe. Il mio “fratellino” ha un sobbalzo ma lo richiamo ai limiti “familiari” del rapporto e un poco si placa. Chi non si placa è Margie, che mi si butta addosso e mi bacia con l’entusiasmo di chi non vede l’amato da tempo immenso; la lingua che mi frulla nella bocca farebbe risuscitare un morto: figurarsi, poi, il mio “fratellino” già vivo, vegeto e pronto all’”alzabandiera”; mi sento quasi in dovere di ricambiare passandole le braccia intorno alla vita e stringendola sensualmente contro di me. Anticipando qualunque osservazione mi sussurra “Hai detto che questa è una forma di comunicazione; ed io voglio da subito entrare con te in familiarità: ne ho bisogno per quello che devo confidarti.” Per tutta risposta, mi limito a stringerla con più veemenza e a guidarla verso l’uscita.
In studio non ci sono comodità; solo il divano consente di stare seduti vicini; da sdraiati, basta il tappeto. Ma per il momento Margie vuole solo parlare e ci basta sederci vicini sul divano; mi prende le mani e le stringe; rispondo baciandole i capelli; si stringe a me appoggiando la testa sulla spalla. “Io e Patrizia siamo veramente le due facce di una medaglia, ci conosciamo molto profondamente e sappiamo quasi tutto l’una dell’altra, anche quelle cose che dovrebbero rimanere chiuse per sempre in noi.” “Cerchi di dirmi che sai che abbiamo fatto l’amore?” “Non solo. Sono affascinata quasi morbosamente da quello che le hai detto: voglio che la memoria che mi resterà di questo momento siano il tuo viso dolce, le tue tette piene, il tuo ventre piatto, la tua figa umida e il mio cazzo nel tuo culo. Ecco, per un momento così si può anche uccidere o morire. Tu sai che sto per laurearmi in psicologia?” Accenno di si con la testa; non oso parlare per non interromperla. “Bene, una frase del genere può essere pronunciata solo da chi sente un amore sconfinato che è al tempo stesso filiale, paterno, coniugale, di grande amante. Non sono affatto gelosa di Patrizia, ma in questa frase ho trovato una chiave importante per me.” Sono interdetto, naturalmente, e non so proprio come interloquire; sembra capirlo, si stringe a me e prosegue. “Tu sai che Patrizia è ancora vergine in figa; ma io so che lo è perché vuole che sia il tuo cazzo a sverginarla; non riesce a dirtelo; così come sono certa che tu vorresti sverginarla anche adesso stesso, ma non l’hai fatto neanche quando l’hai avuta davanti nuda, disponibile e troppo esaltata per fermarti. Questo fa la grandezza del vostro rapporto.”
“Scusa, ma sei venuta per analizzare l’amore incestuoso tra me e Patrizia?” “No, aspetta; io non ho confessato a Patrizia una cosa molto importante e questo mi mette in difficoltà con lei.” Di fronte alla mia faccia che è il ritratto della perplessità. “Non ho avuto il coraggio di dire a Patrizia che da qualche mese non sono più vergine come ci eravamo ripromesso.” “Ma che cazzate mi vai dicendo? Restare vergine per rispettare un accordo? Siete folli. Se lo hai fatto coscientemente e decisamente, sei stata solo giusta e razionale; se lo hai fatto con amore, sei addirittura da encomiare!” “Né coscientemente né con amore. Sono stata semplicemente violentata.” Se avessi preso un pugno in faccia non sarei stato peggio. “Violentata?!?! Come? Quando? Da chi? L’hai denunciato? … Devi mandarlo in galera questo porco … no, porco no perché i porci come me non arrivano così in basso … e questo è solo una bestia …” “E’ inutile che ti accalori … forse è meglio pensare positivo e decidere che, in fondo, un ostacolo è stato rimosso e che si è aperta una strada.” “Un momento; ma che c’entro io in tutto questo, visto che non sono stato io a violentarti; e che c’entra Patrizia, la vostra amicizia e i miei rapporti con lei?” “Sei così incazzato che ti sfugge anche l’evidenza.” Sono basito; qualcosa mi sfugge “Ti hanno violentato … non vuoi denunciare … non puoi parlarne coi tuoi … allora deve trattarsi di violenza familiare … No, NO NO NO non può essere … Tuo padre? NO, è disumano. Se ti avesse chiesto di scopare glielo avresti concesso; tu e Patrizia scopate così volentieri e senza problemi che, se ti avesse chiesto di fare sesso, non glielo avresti negato. Perché violentarti? Che c’entro io? Che c’entra quello che ho detto al mio amore Patrizia? Oh Dio … io sono il parente buono che rispetta la sua amata e tu hai sperimentato il parente cattivo che ti ha violentato. Tu vorresti operare un transfer e recuperare la voglia di fare l’amore con il parente buono del tuo alter ego. E’ questo, che pensi?” Non risponde ma mi abbraccia con tutto il corpo e finalmente mi bacia con la passione che aveva represso finora.
E’ un bacio lunghissimo, intensissimo, di quelli che ti fanno perdere la nozione del tempo e dello spazio; le lingue mulinano nelle bocche alla ricerca di quelle papille che ancora non hanno assaggiato; il cavo orale secerne saliva che si riversa a fiotti dall’una all’altra bocca; il cazzo si erge e preme con forza contro gli slip che ora sono più oppressivi e dolorosi di quanto era per un condannato la bambola di Norimberga; se non lo libero presto, rischia di spezzarsi contro il jeans; Margie non so cosa provi perché non ho il coraggio di toccarle la figa per sentire come è umida; ma da come si è abbarbicata alla mia bocca e da come struscia il seno contro il mio petto e il ventre contro la coscia è chiaro che sta inseguendo un orgasmo. “Non credi che sia esasperato questo tentativo di metabolizzare la crudezza di un rapporto avviandone uno di segno diametralmente opposto, ma che vede protagonisti solo degli autentici surrogati?” “Non ha niente di scientifico e non è garantito che funzioni; forse, potrebbe addirittura incasinarmi di più. Ma non posso parlarne a nessuno, meno che mai a un psicanalista. Non posso e non voglio creare uno scandalo, vista la posizione eminente di mio padre in questo territorio: alla fine, sarebbe anche capace di farmi passare per mitomane. Parlarne con te era un’ipotesi praticabile e ricca di fascino. Quanto possa servire, lo valuterò dopo, quando avrò raggiunto questo orgasmo che sto inseguendo da mesi e che non accenna a concludersi.”
“Ma ti senti almeno eccitata?” “Eccitata?!?! Io sono arrapata, superarrapata; se mi tocchi le mutandine, trovi uno straccetto da strizzare. Se si trattasse solo di una reazione del sesso, il problema sarebbe già risolto; quello che invece devo ancora capire è se e fino a che punto si tratta una ferita più profonda, nella psiche, al di là di una violenza fisica che, in fondo in fondo, potrei considerare anche superficiale. Quello che non riesco ad ottenere è la conclusione mentale dell’orgasmo: è come se mi esaurissi materialmente ma mentalmente e psicologicamente non concludessi mai l’orgasmo.” “Te la senti di raccontarmi i fatti?” “Ci provo. Innanzitutto devi sapere che mio padre, dietro la facciata di perbenismo che indossa fuori casa, nasconde in realtà un’indole di maiale perverso e cattivo che sfoga in casa, e soprattutto nella sessualità. Lui, rispetto al sesso, ha una peculiarità: a parte il fatto che quando decide di scopare prende tutto quello che ha davanti senza riflettere; a parte che si comporta da porco con la partner, chiunque sia, dalla escort alla puttana da marciapiede dalla moglie alla signora compiacente; ma soprattutto è feroce con sua moglie, mia madre, e, da quando ha cominciato a farmi fare sesso con lui, se la prende con me. Io e mamma dobbiamo essere le ancelle del suo cazzo, pronte ad anticipare - non a soddisfare, ma ad anticipare persino - le sue pretese sessuali, se no sono violenze indicibili, soprattutto a mia madre.” La sto guardando inorridito. “Tua madre posso capire che ci si è trovata per antichi costumi e convinzioni; ma come ci sei caduta tu, non lo capisco.” Cerca di distendersi sul divano ma non è facile; mi propone di trasferirci sul tappeto. Le dico con chiarezza che il mio cazzo sta soffrendo e che vorrei almeno indossare qualcosa di comodo; senza parlare, mi sfila pantaloni e mutande e si sofferma ad ammirare la mia bestia nella massima erezione. “Però …!” commenta passandosi la lingua sulle labbra.
Una volta che ci siamo distesi, mi risponde “Solo per caso, due anni fa mi capitò una notte di beccarli a fare sesso. Eravamo in vacanza, nella casa al mare ed io ero tornata dalla discoteca poco dopo mezzanotte; erano nella sala grande tutti nudi e lui la stava montando a pecorina con spinte quasi sovrumane; sfiorai con lo sguardo la scena e stavo per passare oltre ma mi fermò la voce di mio padre: Non dai una mano a tua madre? Vedi che non regge?. Pensai che scherzasse e quasi mi divertii all’idea che proprio il mio integerrimo padre usasse quel linguaggio; mia madre aveva gli occhi sbarrati e mi faceva cenno con la testa di andare via; ma io ero ormai nello spirito della sfida e mi accostai; lui sfilò il cazzo dalla figa e mostrò una bestia bella grossa: lo afferrai con le due mani e con una decina di colpi lo portai ad esplodere una sborrata torrenziale. Tutto dipese forse dalla particolarità delle persone e del momento. Ma purtroppo non era finita, come io credevo. Da quel giorno e per tutta l’estate fu una continua richiesta di seghe, in ogni luogo e in ogni momento. Arrivò persino a farsi masturbare di sera, sulla spiaggia, dietro ad un moscone, a due passi dall’affollatissima passeggiata del posto. Io vissi il tutto come un nuovo gioco estivo e mi sentivo anche gratificata della mia abilità di segaiola nella quale mi sentivo molto brava ed esperta, avendo cominciato dai banchi della media.” “Anche tu?” “Bada che tutte le ragazze più o meno cominciano sui banchi delle medie …” Le prendo le mani e le bacio; credendo che fosse un invito a masturbarmi, mi prende il cazzo; ma la fermo e le chiedo di continuare a parlare.
“Durante i mesi in città, non mi ha disturbato nemmeno una volta: credo che il terrore dello scandalo superasse la voglia di farsi segare. Ma, appena siamo tornati al mare l’anno scorso, ha ripreso e tampinarmi esigendo seghe in continuazione; avrei voluto smettere, ma minacciava ogni volta di scaricare su mia madre le conseguenze accusandomi quindi di non volerle abbastanza bene da fare qualche piccolo “servizietto” per aiutarla. Il ricatto funzionava; ed ho ceduto anche quella sera che, mentre gli tiravo una sega, mi ha forzato la testa sull’inguine e me lo ha messo in bocca, urlando quasi che una puttanella come me quelle cose di sicuro le sapeva fare al meglio; di fronte al volto sofferente di mamma, ho ceduto ed è stato ancora un errore, perché è cominciata “l’estate dei pompini ad ogni costo” a pranzo, a cena, a colazione, di giorno o di notte. Tutto questo avveniva l’anno scorso; e, come per le seghe, le pretese sono scomparse col ritorno in città. Quest’anno siamo andati tutti e tre, io mia madre e mio padre, come al solito, ad aprire la casa estiva in un fine settimana di marzo scorso. Abbiamo lavorato sereni per buona parte della mattinata e niente faceva prevedere quello che sarebbe successo; dopo pranzo, abbiamo concordato di andare a riposare qualche ora.
Stranamente, mio padre mi ha chiesto di non andare nella camera che di solito è mia, perché non era stata rassettata, e di adattarci tutti nella camera matrimoniale. Mentre eravamo distesi tutti e tre sul letto, lui ha cominciato a toccare la mamma che cercava di schernirsi perché, diceva, davanti a me si vergognava; a quel punto lui è diventato feroce e irresistibile: gridando che lui sapeva benissimo quale puttana fossi io e quanti cazzi avessi logorato nella mia figa, le strappò di dosso i vestiti e le piombò addosso cercando ad ogni costo di incularla; mia madre si ribellava e si disperava; io cercai di intervenire dicendo a mio padre che se lei non se la sentiva, lui non poteva fare lo schiavista ed obbligarla. Mi disse urlando che se volevo difendere mia madre allora dovevo mettere a disposizione la mia figa e che quello si, lo avrebbe gradito; nel dire questo, mi strappò le mutandine, mi venne sopra e mi infilò di colpo. Io ero rimasta inebetita e non feci nemmeno un gesto per difendermi, lo sentii andare avanti e indietro nella mia pancia finché sborrò violentemente. Quando si alzò, vide il lenzuolo rosso del mio sangue ed ebbe un’espressione feroce di terrore; balbettò qualche monosillabo confuso che faceva trasparire solo il terrore nello scoprire di avermi sverginato, scappò nei campi e tornò solo verso sera quando si rifugiò nel sedile posteriore dell’auto e si fece portare fino a casa senza connettere una frase compiuta. Da allora, mi sono rifugiata a casa di nonna, con la scusa che devo concentrarmi per la tesi di laurea e al più presto mi cercherò un lavoro e una casa dove andarmene a stare da sola.”
“Piccola, cara altra faccia del mio amore, di fronte a questa che è un’autentica tragedia greca, cosa pensi che questo piccolo devoto tuo ammiratore possa fare? Lenire il tuo dolore non è possibile; rimediare ai danni e agli errori, manco a pensarci; cosa vuoi che faccia?” “Riprendiamo da quello che ti ho già detto. Io, dopo quell’episodio, ho avuto remore a fare sesso; l’incubo di mio padre che mi violenta, che mi strazia le carni col suo arnese enorme, senza precauzione, senza preliminari, semplicemente, bestialmente; beh, io quell’incubo da sola non riesco a metabolizzarlo. Quando Patrizia mi ha parlato del tuo modo di rapportarti a lei e mentre adesso ascolto te che mi definisci “piccola, cara altra faccia del tuo amore” io ho la sensazione di vedere la luce in fondo al tunnel. Quello che ti chiedo e che forse puoi darmi è di innamorarti di me per questa giornata come se fossi veramente Patrizia, di dare a me l’equivalente di quello che vorresti dare a lei, soprattutto l’esperienza della deflorazione. Non ti chiedo di darmi quello che è suo, perché non sarebbe giusto, né di deflorare una figa che ormai è rotta. Ti chiedo semplicemente l’equivalente per intensità e affetto.”
“Se tu fossi davvero Patrizia, io adesso dovrei sdrammatizzare e dirti che non sono il salumaio e che non posso fornirti l‘affetto o l’affettato che tu vuoi; ma siccome tu non sei Patrizia e non so se hai la stessa capacità di humour; il mio problema é che tu finisci per rappresentare la mia foresta amazzonica: so che ci sei, ti vedo, posso toccarti, posso scoparti e fare l’amore, ma devo scoprirti albero per albero, anzi, pelo per pelo; e non so se avrai tanta pazienza da seguirmi mentre ti perlustro.” Mentre lo dico, mi sono disteso accanto a lei e l’ho baciata con tutto l’amore che posso: ce ne stiamo stretti tenacemente, mentre le bocche si succhiano, si leccano, si mordono e si perlustrano in lungo e in largo. Infilo tra i nostri corpi una mano, le sollevo la falda del vestito e porto il cazzo a sistemarsi tra le sue cosce, attaccato al minitanga e alla figa, rasata come è di moda; spinge il bacino verso di me e fa scivolare l’asta sulle cosce e lungo le grandi labbra non celate affatto dal minitanga; sposto la mano verso il seno e ne afferro uno da sopra il vestito: accenna a muoversi per liberare le tette; le impongo di stare ferma e mi fermo anche io con lei, continuando a baciarla: cerco di gustarmi e di farle gustare fino in fondo il piacere di stare abbracciati; mi prende il viso fra le mani e lo stringe con passione. Stiamo in religioso silenzio per qualche momento; anche le nostre bocche si sono fermate ma restano attaccate. “Mi sembra di essere in un gorgo infinito di piacere.” Sussurra Margie ad occhi chiusi. “Si ma in fondo c’è un pozzo infinito di miele in cui mi sto invischiando e rotolando.” Le rispondo con la stessa enfasi; riprendiamo a succhiarci le bocche come affamati.
“Adesso avrei voglia di averti dentro!” “No, cara; adesso noi facciamo tutto quello che è giusto per gli innamorati; addirittura ho preceduto i tempi: non vedi che stiamo già facendo coscialino, che è la fase più sicura e più dolce del sesso ma che arriva solo dopo infinite seghe e pompini.” “Già … ma è proprio il coscialino che mi stimola tutta e mi spinge a volere tutto.” Mi rotolo sul tappeto e la porto sopra di me. “Gioca con la mano sul cazzo.” Le suggerisco; lei passa una mano sulla schiena, solleva la gonna e va ad afferrare la cappella giusto tra le natiche; sposta con un dito il filo del tanga e preme sulla cappella spingendola nell’ano. “Riusciresti a infilarlo nel culo, così?” mi chiede. “Io no; invece tu, se ti sollevi sulle ginocchia e ti siedi senza perdere contatto col cazzo, hai la facoltà di farlo entrare in uno dei tuoi buchi, ma io preferisco il culo perché l’idea di aspettare a sverginarti ancora mi affascina.” Margie è veramente in gamba: punta le ginocchia, solleva il ventre, guida con la mano il cazzo verso l’ano e si cala lentamente sull’asta. “Attenta: non ti ho lubrificata prima; se provi dolore o anche solo fastidio, fammi il favore di fermarti.” Le raccomando. “Tu sei scemo; or ora ti ho detto che voglio sentirti dentro; credi che per un doloretto io fermerei questa penetrazione che è proprio come l’hai descritta alla mia amica: mi sto inculando avendo davanti il tuo viso, il tuo corpo ed anche in parte il tuo cazzo che mi riempie di goduria? Posso montarmi da sola o ti senti umiliato e vuoi scoparmi tu?” “Si vede che sei solo l’altra faccia … il mio amore mi scopa e mi aggredisce se non faccio come vuole lei.”
Margie allora dà il via ad una autentica galoppata sul cazzo: si solleva fino a farlo uscire del tutto dal culo, poi si abbassa di colpo con urla e brividi di piacere; si ferma seduta e schiaccia le natiche sul mio bacino, quasi a penetrarsi totalmente, si muove per piccole porzioni velocemente e lancia urletti consecutivi di piacere. La fermo per un momento e la faccio piegare a baciarmi, mentre le stringo le tette ancora da sopra il vestito. Con un gesto deciso, solleva il vestito e lo sfila da sopra la testa. Lo spettacolo che mi appare è da infarto: una giovane donna di poco più di vent’anni con due tette da sballo, un corpo da scultura, un ventre da perdercisi e una figa appena intravista ma già capace di mandarmi all’inferno; le chiedo di farsi guardare immobile per un attimo. “Quanto sei bella, maledizione a te!!!!!” “Perché mi maledici?” “No, è solo un modo di dire; insomma dovrebbero impedirti di circolare per eccesso di bellezza.” Si mette a ridere “Ti va di ribaltarci?” “Se ci riesci senza farti male io ci provo” e la invito a stendersi su di me senza far sfilare il cazzo dal culo; ci riesce e, con un secco colpo di reni, me la trovo distesa supina sotto di me. Le divarico le gambe e le alzo fino alle mie spalle; mi metto in ginocchio e la tiro ancora più su fino a che poggia sul tappeto quasi solo con la cervicale; ma in quel modo tutto il suo corpo e in particolare lo scoscio è davanti ai miei occhi, a mia disposizione: guardo in particolare la sua figa leggermente aperta e umida, decisamente molto umida; e, nel buco del culo evidentemente spanato, il mio cazzo gonfio e ritto come un obelisco che le scava fin nelle profondità dell’intestino.
“E’ inutile, sei immensamente bella, anche da questa prospettiva: io adoro il tuo culo,la t
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Categorie: Incesti