Lassù, al paesello, la mia passione per Stefania, la figlia del farmacista, non aveva avuto vita facile. L’idea stessa che un giovane artigiano, volenteroso finché si vuole ma culturalmente così inferiore, volesse mettersi con una ragazza che già si avviava a diventare maestra elementare, era di quelle che facevano ribaltare i morti nelle tombe. Eppure io, tenace e impunito, ci insistevo e la tampinavo perché, anche se bruttina, per la verità, e non molto ricercata da altri maschietti, personalmente mi attizzava e mi induceva a fare chilometri e chilometri per esserle vicino, per seguirla e amarla anche da lontano. Poi lei mi concesse di avvicinarla, di parlarle, di rivelarle il mio amore e non ci furono santi; in breve ci trovammo innamorati ed anche fidanzati, senza il consenso dei genitori che arrivò solo quando, avendo lei avuto una cattedra quasi fissa ed essendomi io trasferito nella stessa cittadina col laboratorio che aveva ingranato e garantiva reddito adeguato, potevamo avere una prospettiva di famiglia. Insomma, ci sposammo alla fine e molti storsero il naso perché un operaio sposava una maestra ed altri, al contrario, lo storsero perché un così bel ragazzo andava a sposarsi con una “cessa” che non avrebbe mai trovato uno straccio di spasimante.
Ma Stefania di spasimanti ne aveva; e addirittura avevano fondato una sorta di “scuola”, quella del libero amore. Per la verità non capivo quasi niente di quel che lei mi diceva a spiegare o a giustificare certe assidue frequentazioni con altri due ”intellettuali” della stessa razza che mi sembravano assai più interessati al suo culo o alle sue tette che non ai concetti espressi. Sin da subito dopo il matrimonio, notai con disagio che me li trovavo per casa ad ogni ora del giorno e della notte. Si era intestata tutte le forniture, perché, grazie allo stipendio fisso, era lei garante delle spese, anche se il contributo più sostanzioso al bilancio familiare veniva dal mio lavoro; e per lo stesso motivo aveva preso in affitto un appartamentino assai elegante, su due piani, con giardino. E proprio il giardino, dalla primavera ad autunno, diventava il luogo preferito di ritrovo dei “filosofi del’amore libero”, vale a dire Stefania e i suoi due amici che, davanti a me si sperticavano in paroloni che alludevano a concetti per me inarrivabili e, appena mi allontanavo - ma controllavo a loro insaputa - si lasciavano andare ad affettuosità assai lontane dai discorsi paludati ed assai più vicini al limonare, al pomiciare o al fare petting spinto. Ogni volta che protestavo con Stefania, era l’occasione per beccarmi una scarica di bigotto retrivo, conservatore ignorante ecc.
Finché si rimaneva nel limite del petting, potevo solo ammettere che la mia cultura era forse inadeguata al libero amore; quando il solito amico impiccione mi mostrò qualche foto più “osè” dei tre in atteggiamenti, diciamo, “lascivi”, fui costretto a trattenermi per evitare di passare per buzzurro. Forse c’erano già gli estremi per mandare a monte un matrimonio nato male e cresciuto peggio. Ma, fedele a certi insegnamenti atavici, preferii sperare che fosse un momento destinato a passare. Ma il limite era destinato a spostarsi e arrivare al punto di rottura. Da molti mesi ormai, la mia attività si era espansa notevolmente e i cantieri di lavoro edilizio si erano ingranditi in tutte le maggiori città; qualcuno accennava a crescere anche all’estero: le mie entrate erano diventate sempre più rilevanti e avevo cominciato anche a permettermi più di un lusso. Forse la nuova ricchezza mi portò ad alzare la voce anche sulle abitudini “cenacolari” di mia moglie che comprendevo sempre meno e che mi diventavano sempre più sospette, specialmente dopo che una sera, ritiratomi nella stanza superiore per dormire e affacciatomi per caso prima di addormentarmi, scoprii che i “filosofi” in giardino erano impegnati in attività più fisico - ginniche che intellettuali. Un grido di richiamo mise fine alle effusioni, ma imposi da allora stop a qualsiasi cenacolo in giardino.
Ma all’inizio dell’estate arrivò l’onda cattiva. Per tre anni avevamo passato due settimane di vacanze al mare con i suoceri che avevano il vantaggio di un accesso al mare di favore per non so che meriti del suocero e le passavamo in pensione in riviera. Quell’anno Stefania lanciò l’idea dell’estate da amore libero (che solo nel nome già mi faceva tremare) e propose che usassimo una delle tende grandi del cantiere per andare in campeggio nudisti tutti e quattro. L’idea di dormire in tenda con mia moglie e con altri due lumaconi pronti a tutto mi mandò fuori di testa e respinsi con violenza la proposta, Dopo un mare di accuse di trogloditismo, di cavernicolismo, di reazionarismo e chi più ne ha più ne metta, alla fine addivennero alla convinzione che fosse più opportuna una sistemazione in due tende separate per le due coppie. Si trattava solo di una settimana, ma fu per me la più dolorosa immaginabile, per la disinibizione ostentata dai tre che non perdevano occasione per toccarsi, eccitarsi, stuzzicarsi: non scopavano solo in mia presenza; in assenza, non potrei giurare. La notte prima della partenza (finalmente!) successe il fattaccio che avrebbe condizionato la nostra vita. Nel corso della notte, per un’esigenza fisiologica, mi svegliai e trovai il posto accanto a me vuoto. Pensando che Stefania fosse uscita per una mia stessa esigenza, uscii all’aperto e notai un grosso movimento nell’altra tenda. Aprirla di colpo e scoprire lei a sandwich fra i due in una classica doppia culo-figa fu tutt’uno.
In silenzio gelido, mentre lei cercava inutilmente di inventarsi le teorie più strampalate per giustificare col nudismo l’amore libero a me che risposi solo “Corna! Si chiamano corna!”, smontai con la velocità della luce le due tende mandando all’aria bagagli e attrezzature. Dopo meno di mezz’ora lasciavamo il camping e guidai fino a casa in cieco odio silenzioso. Scaricai sul marciapiedi filosofi e bagagli, accompagnai a casa nostra mia moglie e mi rifugiai nell’ufficio del cantiere dove avevo un postazione attrezzata per la sopravvivenza. Quella mattina fu l’ultima che vidi mia moglie. Per qualche mese mi sistemai nel cantiere in città, poi decisi che mi sarei trasferito in quello che avevamo aperto ad Ibiza, assai più ampio ed accogliente. Per lungo tempo riuscimmo a non scambiarci una parola, nemmeno per telefono; per un po’, passai da casa quando lei non c’era per recuperare la posta e gli altri pochi effetti miei rimasti a testimoniare che una volta abitavo lì; poi persi anche questa necessità perché avevo trasferito tutto alla ditta. Non ci fu bisogno di regolare pendenze economiche perché lei continuò a vivere del suo stipendio di insegnante ed io non feci nemmeno un gesto per integrare in qualche modo, ma non udii proteste. Stranamente, continuammo a figurare sposati pur non avendo da anni ormai nessun rapporto né fisico né mentale.
Un giorno, a sorpresa, si presentò al cantiere il farmacista, suo padre, con un’aria decisa e severa; lo feci accogliere dalla segretaria e lo feci accompagnare nella roulotte che mi faceva da ufficio. Entrando più tardi, dopo essermi a bella posta intrattenuto alquanto con gli operai, senza parlare stesi sul tavolo, in bell’ordine, le foto che avevo avuto dal mio amico e quelle che avevo scattato io al campeggio nudisti. Le guardò impietrito; si alzò a fatica, appoggiandosi ad un bastone e uscì a testa bassa. Dopo qualche settimana, ebbi notizia che era morto di infarto. Non mandai nemmeno un biglietto di condoglianze. Stufo di quell’andazzo, mi trasferii, come detto, ad Ibiza ed iniziai una nuova vita di mare di sole, di belle donne, di tanto lavoro, di tanto sudore, di tanti guadagni e di tanta gioia di vivere.
Nel giro di qualche anno, l’immagine dell’Italia si fece sempre più sbiadita nella mia memoria: dei miei non avevo più notizie da mesi; forse erano morti entrambi; non avevo fratelli né altri parenti; l’immagine di Stefania diventava sempre più diafana: se l’avessi incontrata faccia a faccia, non so neppure se l’avrei riconosciuta. Insomma, il passato era tutto dietro le mie spalle e davanti c’era solo il presente di piacere ed un futuro roseo di speranze. Ma le cose belle nascondono sempre la spina; e una mattina, mentre bighellonavo per il mercato con Andres, il mio uomo di fiducia, mi vidi additato da un turista, sicuramente italiano (si riconoscono da alcune miglia di distanza) che continuava a dire. “Ma tu sei il marito di Stefania. Non ti ricordi di me?” Di colpo mi ricordai … e come!!!! Era uno dei due stronzi del sandwich con Stefania al campo nudisti! Con lui c’era l’altro stronzo ed ambedue erano in compagnia di due belle stanghe tipicamente romagnole (ormai avevo acquisito competenza!). Parlando in spagnolo riassunsi ad Andres la situazione e mi chiese che tipo di vendetta volevo “La più dura!” risposi. Accennò di si con la testa e mi diede appuntamento dopo due ore al locale più malfamato del mercato. Fingendo entusiasmo per l’incontro con paesani, avvertii gli italiani che avevo impegni e che ci potevamo vedere l’indomani allo stesso posto. Intanto, li affidavo al mio uomo di fiducia, che avrebbe mostrato loro i segreti della vita notturna e del libero amore ad Ibiza: naturalmente, a beneficio anche di Andres, calcai il tono sul libero amore perché si regolasse.
Per un percorso tortuoso, raggiunsi la cantina dal retro e parlai col gestore che, conoscendo bene Andres, mi suggerì di indossare una maschera tipica che deformasse anche la voce e mi disse di attendere dietro una tenda. Il mio amico entrò trionfante con gli italiani ed un codazzo di indigeni ben tonici, fece portare tanta sangria e fece stendere gli ospiti sui cuscini nell’alcova circolare; io mi mescolai agli spettatori. Dopo che i primi giri di brindisi ebbero alzato il tono, i ragazzi intorno cominciarono a palpare le due turiste che non disdegnarono apprezzamenti e manipolazioni; quando una di esse si vide appoggiare in mano un cazzo di tutto rispetto, ebbe un lungo brivido e cominciò a leccarlo dalla punta fino alla radice dove scoprì un particolare tatuaggio tribale, una sorta di serpente-giaguaro di natura inca. Quando ingoiò il cazzo per almeno due terzi, mi sentii le palle tirare dalla libidine: infatti, il cazzo era il mio. Glielo sfilai dalla bocca, mi stesi sui cuscini e due ragazzi la sollevarono di colpo e la appoggiarono col culo sulla cappella. Doveva essere la prima volta; e lo vidi dalla faccia del suo lui quasi spaventato, di fronte a me, mentre lei a mano a mano scendeva sull’asta fino ad impalarsi del tutto, all’inizio con urla feroci, sommerse dalla musica della cantina, poi con gemiti voluttuosi di piacere stratosferico.
Feci cenno a Pablo che mi stava di fronte e lui portò il suo cazzo extralarge verso la figa grondante della bella italiana infilandola di colpo. “Che te ne pare della doppia?” “A meraviglia; organizzatevi e fatemi godere!” Cercai Juan con lo sguardo e, individuatolo, gli indicai con gli occhi la bocca aperta e sbavante della donna; venne alle mie spalle, allungò la sua mazza e gliela depositò in bocca. Cominciammo una sinfonia di cazzi enorme. La poveretta non poteva urlare, perché Juan le chiudeva gola e bocca, ma si agitava come tarantolata e segnava gli orgasmi con violenti colpi di reni; quando Juan le sborrò in gola, ingoiò tutto religiosamente, si pulì la bocca e finalmente liberò l’urlo di un orgasmo. “Se volete, ha due mani per farvi una sega!” dissi agli italiani; e temo che qualcosa capissero, ma non si mossero. Fu poi la volta di Pablo di inondarla in figa con una mega sborrata che sbordò dagli orli largamente sfrangiati della vulva. Poi uscì; rimasi solo io con lei tutta distesa di schiena su di me e col cazzo piantato profondamene nel culo. “Stai attenta, adesso: faremo una cosa speciale!” Cominciai lentamente a pisciarle nel culo e, al primo schizzo, la sentii sobbalzare “Sborrrrrroooooooo …. Mi sta pisciando nel culo ed io sborrooooo come se stesse sborrando continuamente … Non ti fermare, ti prego, continua … “ “No, lasciane anche per me!” Intervenne l’altra. Ed io smisi di colpo di pisciare e costrinsi il mio cazzo a perdere erezione finché, ridotto barzotto, scivolò via lentamente.
La poveretta si sentì quasi privata all’improvviso, ma c’erano già tanti ragazzi desiderosi di scopare e immediatamente si trovò piena da tutte le parti. “Cosa ne pensate dell’amore libero a Ibiza?” Chiesi provocatoriamente ai due; ma non risposero. Presi l’altra donna e la sottoposi allo stesso trattamento. Dopo venti minuti di violenze nell’ano, in vulva e in bocca, la affidai ai ragazzi vogliosi e in attesa, mi ritirai e sparii per l’uscita posteriore da cui ero entrato. Rividi tutti solo la mattina seguente: i quattro italiani camminavano in maniera strana e chiesi ad Andres. “Le ragazze hanno preso tanto di quel cazzo da ricordarsene per sempre; i due hanno voluto assaggiare il culetto del brasiliano (lo sai che è irresistibile) ma non sapevano che quel che di dà si prende e quando l’hanno preso era un po’ troppo grosso per loro. Gli passerà in due ore.” Salutai con garbo i connazionali e in particolare le connazionali. Una delle due volle sapere perché non avevo partecipato alla kermesse di sesso. Mi abbassai il pantaloncino e, semicoperto dal costume, mostrai il tatuaggio. “Oh dio, questo devo dirlo a Stefania!” “Non ti capirebbe e non ti crederebbe; il tatuaggio è di quest’anno e lei non la vedo da quattro o cinque anni.” Rimase sorpresa; forse non sapeva molte cose.
L’altra suggerì. “Abbiamo pagato il prezzo della stronzaggine dei nostri uomini!” “Che!?!?!” “Cinque anni fa, questi imbecilli lo umiliarono con la scusa dell’amore libero e si scoparono Stefania in doppia davanti a lui!” “Allora, ti sei vendicato?” “Tu cosa hai sentito? Vendetta?” “No, amore; senza amore non si può scopare come mi hai scopata tu e non me ne fotte di quello che questi due stronzi hanno fatto nel passato. Ora sarò io a rendergli pan per focaccia … ma che dico .. hanno già avuto pane, companatico, vino, caffè e ammazzacaffè!” Ero io a non capire. L’amica disse. “Per tutta la notte abbiamo preso non so quanti chili di cazzo in tutti i buchi; non vedi come camminiamo male per la fatica? Se ti può consolare, anche loro hanno pagato. E si trovano anche col culo rotto, che per loro è il peggio.” “Buon viaggio.” “Arrivederci?” “Io vivo qui. Se vi capita di tornare e mi avvertite posso anche cercarvi una soluzione di ripiego per l’alloggio.” “Grazie di tutto. Ciao. … Ah, grazie per la pisciata nel culo. E’ un gioiello che adotterò!” “Via, adesso andate via o perdete l’aereo.” Dopo quell’episodio, tutto mi sarei aspettato tranne un contatto con Stefania. Invece, la mia ineffabile mogliettina, con la faccia di corno più dura di questo mondo, mi chiamò una mattina sul cellulare. Il display non dava interlocutore e stentai a riconoscere la voce. Poi finalmente focalizzai che si trattava di lei e non mi fece per niente piacere.
Mi disse che aveva saputo dai due amici e dalle loro compagne dell’incontro che c’era stato; le chiesi se aveva approfondito i particolari; mi disse che non le interessavano; l’unica cosa per lei era che io avessi adesso un certo potere in una località che era tra i suoi sogni di amore libero. Tornai a chiederle se aveva chiarito il concetto con i suoi amici e con le mogli; mi rispose, con la solita arroganza, che lei non aveva bisogno di approfondire niente, che voleva venire a trovarmi e che voleva sapere se c’era posto per lei e per alcuni suoi amici. “Posto ce n’è, a patto che vi sappiate accontentare: è un cantiere e si vive accampati: se avete abbastanza spirito di adattamento, potete anche farcela, altrimenti è meglio che rinunciate. Prima di decidere, chiedete ai vostri amici cosa è successo; non credo che siano felici di come sono andate le cose.” “Tu non rompere i coglioni e lascia decidere me che so e capisco; tu fa il muratore e procurami un posto per dormire.” “Dovrei mandarti affanculo con tutto il cuore. Ma sono un cuore tenero. Venite quando volete, accontentatevi e vi divertirete. Se no, organizzatevi per sparire al più presto.” Non mi diede nessun margine per spiegare: come se cinque anni di separazione non fossero mai passati, riprendeva il suo tono da padrona. Decisi di farla cuocere nel suo brodo e quasi me ne dimenticai.
Ma non dimenticò lei, anzi loro; ed una mattina, all’improvviso, arrivarono al cantiere undici italiani, cinque maschi e sei femmine (compresa mia moglie); Andres se li trovò addosso di colpo senza sapere come regolarsi; tra tutte, emergeva una signora peperina, tutt’altro che bella, che reclamava la presenza di suo marito, il capocantiere. Andres colse al volo (sapeva già qualcosa) e giocò di fino. Interrogò (in spagnolo, perché aveva già individuato che c’era una capace di tradurre agli altri) tutto il personale chiedendo a ciascuno da quanto tempo lavorasse per il padrone e se avesse mai avuto notizie di una moglie. Tutti negavano, ed erano in perfetta buona fede. “Senta, signora, lei dice di essere la moglie del nostro capo e io non voglio contraddirla; ma del capo conosco centinaia di amanti, sei concubine che a turno dormono la sera nel suo letto (la domenica si riposa); so che ha avuto relazioni adulterine con tantissime donne; ma non ha mai parlato a nessuno di una moglie. E’ in grado di provare quanto afferma?” “Ma come si permette? La mia parola è vangelo!” “Sarà anche vangelo nei suoi cenacoli di libero amore. Qui non vale un cazzo. Stia zitta e si accucci in quell’angolo in attesa del padrone che deciderà se lei è sua moglie o un’impostora che vuole far entrare gratis undici persone nel cantiere.” Stefania è furente ma deve arrendersi.
Finalmente decido di uscire. “Ciao, Andres, chi sono queste persone? Chi le manda?” Stefania balza in piedi e cerca di farsi riconoscere. “Amore, amore, non mi riconosci? Sono Stefania!” La guardo strizzando gli occhi come miope. “Scusi, ma mi sento confuso; io non ricordo molto di mia moglie, dopo cinque anni di lontananza, ma non mi pare che fosse così, come dire, tornita. E’ sicura di essere proprio mia moglie?” Si fa avanti una persona anziana “Forse si ricorda meglio di me, che sono cambiato di meno … “ “Ah, si ; lei è quel professore che cercava inutilmente di contestare le stupidaggini che quei tre raccontavano sull’amore libero; e quella se non ricordo male è la sua signora. Ah, si, Andres, quella signora è stata mia moglie anche se preferisco dimenticarlo; mi ha chiesto di trovare una sistemazione al cantiere per lei e per questi suoi amici. Si può fare qualcosa?” “I signori si accontentano di quello che la ditta offre? Se si, c’è possibilità di sistemazione; se no, ci sono gli alberghi ma credo che adesso siano pieni e cari.” “No, per la verità, Stefania ci aveva parlato di soluzioni spartane e siamo pronti a quello, sperando di non arrecare troppo disturbo.”
“Professore, a condizioni spartane, nessun disturbo. Le spiego. Questo è un centro direzionale di un cantiere per centinaia di persone e deve essere in grado di assicurare vitto, alloggio e assistenza a centinaia di persone al giorno; però, come vede, la privacy non esiste: i cameroni sono aperti e i letti a vista, gli armadi sono chiusi a chiave e protetti; i servizi sono comuni ma ben tenuti e puliti. Ogni giorno qui alloggiano decine di persone tra lavoratori, impiegati, fornitori, trasportatori e gente varia; ovviamente, si tratta di gente di ogni estrazione e di ogni cultura, spesso anche di lingue diverse. Dalle sette alle dieci si può fare colazione; dalle 12, 30 alle 15 si può pranzare, dalle 19 alle 21 si può cenare. Il vitto è gratis; il cantiere dispone di un sua spiaggia privata a cui si accede da quel sentiero. Per andare in centro, basta fare a piedi poche centinaia di metri o approfittare delle auto di servizio. Per l’amore libero - e qui il discorso va soprattutto a mia moglie - ci si organizza come si preferisce: ci sono bellissimi stalloni e meravigliose modelle. Ognuno è libero di fare quello che gli va. Cito da una canzone di Luigi Tenco.” “Ma per me non c’è un posto nella tua camera?” “Prof, mi scusi, lei c’era quella sera?” “Si, Stefania: dicesti che il tuo letto era dove scopavi meglio e con lui non volevi scopare. Ti ho sentito io.” “Va beh. Ci ho ripensato: non si può?” “Ma io non ci ho ripensato! Io non ti voglio. Io ho un fiore di ragazzina ogni sera, per ogni giorno della settimana, tranne la domenica che è di riposo. Di te, mia cara, non so proprio che farmene.”
“Figurati io di te! Con tanti baldi giovanotti …” “Scusi l’indiscrezione … è vero che lei ha tatuato un serpente giaguaro proprio là?” “Se vuole, posso far verificare senza sollevare scandalo.” apro la zip, abbasso i pantaloncini e, mezzo coperto dal costume, appare il tatuaggio. Stefania ironizza. “E che vuol dire? Ha il serpente, ma poi non lo sa usare …” “Stefania, hai parlato con Marisa e Monica?” “Di che?” “Di quel che quel serpente ha combinato nei loro corpi; ancora non si riprendono e stanno cercando di tornare per ripetere l’esperienza …” Mi moglie mi guarda sbalordita; poi, rivolta ad uno dei suoi amici. “Avvocato, ho diritto a reclamare un congresso carnale con mio marito, visto che siamo ancora sposati?” “Stefania, quando te lo chiese lui - ed io c’ero - tu cosa rispondesti?” “Va beh, io ero innamorata di un altro e gli dissi di no; ora lo voglio io.” “Ma la legge non sta a disposizione delle tue voglie. Oltretutto, lui ha già presentato istanza di divorzio; se fa sesso con te, manda a monte tutto l’iter effettuato. Non può assolutamente accontentarti. Devi sceglierti uno o più bull, se non ho capito male.” “Avvocato, ha capito benissimo. Se ci sono veri cultori dell’amore libero, l’estate sarà lunga, intensa e ricca di soddisfazioni; se siete in bluff, il gioco è già scoperto ed avete perso. Pensateci, prima di lanciarvi.
E’ il professore a parlare. “Diciamoci la verità, siamo venuti in un posto fuori circuito per scatenare i desideri più nascosti e divertirci come mai avremmo potuto. Tu ci hai offerto questa possibilità ed io dico. Chi sta con noi, prenda posto e cominci anche a scopare, se è qui per quello, chi è qui per inseguire le fantasie di onnipotenza di Stefania, si accomodi pure ma non faccia conto né su me né su chi la pensa come me.” Tutti vanno ad occupare un letto e un armadio; qualche signora avvia interessanti approcci coi giovani arrapati in attesa: lo stesso vale per le ragazze di fronte al turista italiano. Richiamo l’attenzione di Andres che si avvicina sornione. “Dalle tutto quello che vuole e anche di più. E’ troppo orgogliosa, ma ne ha voglia e bisogno.” “Senza limiti?” “Da me, no; se ne pone lei, regolati tu.” Si avvicina quasi dondolando a Stefania e intanto si accarezza il cazzo lungo la coscia: questo basta per mandarla in brodo di giuggiole e, quando le arriva vicino, lui deve solo spingerla per trovarsela sul letto a gambe spalancate pronta a farsi scopare. In un ultimo rigurgito di esibizionismo, Stefania sguscia da sotto ad Andres e gli balza letteralmente addosso andando a catturare al volo il suo enorme cazzo nelle fauce spalancate in maniera innaturale mentre gli schiaccia sul viso la figa fino al culo. Alza il dito medio e me lo mostra.
Giro lo sguardo alla scala d’accesso alla mia abitazione e vi trovo le mie ragazze schierate. Carmen è l’ultima ed è quella che stasera dormirà con me; le strizzo l’occhio e parte con una serie di giravolte aeree che lasciano tutti meravigliati; atterra di colpo con la bocca sul mio cazzo che ho appena tirato fuori, mi sbatte la figa in faccia e mi stringe le caviglie dietro il collo. Comincio a succhiare come un’idrovora, a ravanare con le dita nella sua fica e a leccare come un bambino goloso tutta la sua vulva,alle grandi labbra al clitoride gonfio che succhio con foga finché mi esplode in faccia qualcosa di indefinito, tra liquidi vaginali, sborra e piscio: il getto quasi mi soffoca. “Cazzo!” mi fa il professore “Se non la facevi esplodere in tempo, lei faceva sborrare te e tu finivi piegato a terra con quella posizione impossibile!” “Già! E, peggio ancora, lei rischiava di rompersi la testa, cadendo in quella posizione; per fortuna, l’ho fatta sborrare prima ed ha ceduto per prima.” “Ed ora come fai a passare ad altra posizione?” Prendo Carmen per la vita e la faccio ruotare; quando è parallela a me, infilo la cappella, senza guidarla, nella vulva e la lascio penetrare lentamente: si sente che il movimento è doloroso e che i tessuti si dilatano di colpo alla penetrazione; ma lo vuole, piange e scende finché le palle toccano il perineo. Mi abbraccia con forza tentacolare e mi bacia dappertutto. “Tesoro, hai dimostrato il tuo amore; perché non completiamo stasera? Ora sono già stanco!” Si arrende.
Nonostante le difficoltà iniziali, la situazione si va progressivamente assestando e gli ospiti prendono il loro ritmo di vita, frequentando molto la spiaggia privata per bagni di mare e di sole, presentandosi puntualmente a mensa, non sollevando rogne per l’alloggio e, soprattutto, scopando come mandrilli a volte per giornate intere nelle combinazioni immaginabili più varie e diverse. Inutile a dirsi, la più attiva è mia moglie Stefania che arriva scoparsene un’infinità infilandosene contemporaneamente due nella figa, due nel culo e due in bocca: solo per le mani, si deve limitare ad uno per lato, non potendo attivarne due insieme. Comunque, scopro che per lei più che di amore libero si deve parlare di ninfomania all’ennesima potenza. Non è mai stanca, non rifiuta mai esperienze e travolge chiunque le dimostri un minimo di interesse. Per parte mia, mi tengo abbastanza distante dagli ospiti italiani con i quali non avevo legato sessualmente sin dall’epoca del matrimonio “vero”. L’unico che mi intriga è il professore, apparentemente equilibrato e ben contenuto nelle forme e nelle sostanze: tra le altre cose, sua moglie è senz’altro una delle più belle, forse la più bella, del gruppo e non disdegna rapporti “altri”, specialmente se, contemporaneamente, il marito è alle prese con qualche bella ragazza.
Una volta che mi trovai a pochi centimetri da lei, quasi involontariamente le piantai il cazzo tra le natiche: si girò a guardarmi quasi lusingata. “Lo sai che mi piacerebbe molto subire il trattamento che hai riservato alle due?” “Il completo?” “No, solo la parte che hai svolto tu.” “Ti accontenterei se non temessi di offendere tuo marito.” “Non si offende. Come vedi, sta concupendo la bella brasiliana della cucina; appena lei cede, io sono in certo senso autorizzata a lasciarmi andare con te.” Guardo verso la cucina, Rosales capisce il mio sguardo e accosta il culo al prof. che prima la palpa, poi si gira verso di me, accenna un ok ed io prendo per un braccio la moglie e la porto in camera mia. Carmen è lì, forse in attesa; ma capisce subito che non è il suo turno: le faccio cenno di stare e di aiutare; accoglie la sconosciuta (Rosaria) che spoglia lentamente e delicatamente; io mi stendo sui cuscini che ricoprono il pavimento; Rosaria si avvicina devotamente e assapora il cazzo, poi prende a leccarlo e a spompinarlo come si deve: Carmen l’aiuta e il breve il mio cazzo è bello ritto. Lei si adagia col culo sulla cappella e si lascia dolcemente penetrare. Carmen lubrifica continuamente sia l’ano che l’asta che entra e in breve sono tutto in lei. “Pisciaci dentro, ora!” mi prega. “Non ancora; non sei pronta a sborrare. Le altre avevano il cazzo sia in figa che in bocca, Quando sarai pronta, ti farò godere.”
Gira la testa e mi bacia sulla bocca; Carmen la sta manipolando ed ha rapidamente trovato il punto G; la fa esplodere una prima volta e sento lo sfintere stringermi l’asta con passione; spingo avanti e indietro e Rosaria gode ancora Carmen si abbassa sulla figa, prende in bocca il clitoride e dà inizio ad una succhiata epica; quando Rosaria esplode la seconda volta. “Ora!” le dico e comincio a pisciare nel culo dilatato; le sue urla arrivano al mare. “Ancora … ancora … dammene tanta … sboorro … sborro … godo … godo …. Sboooooorrroooooooooo!!!!!!!! …. Gooooooooooooodooooooooooooo!!!!!!” Quanto mi fai godere. Ti amooooooo …….!” La bacio in bocca per impedirle di continuare e intanto scarico la vescica interamente e violentemente nel suo intestino e lei reagisce sborrando a fontana. Quando ci fermiamo, Carmen pone sotto di lei un vaso piatto di ceramica che raccoglie la mia urina, la sua sborra e tutto quello che esce da quel culo martoriato ma anche tanto amato. Sotto si è raccolta una piccola folla. “Non è niente” dice il prof.”Rosaria ha avuto finalmente il suo extrasupersesquipedale orgasmo che l’aveva spinta a venire: e, a dire il vero, sono felicissimo di avercela portata e di esserci stato mentre succedeva. E’ una cosa che capita una sola volta nella vita ed è stato bello esserci.” La più incazzata è naturalmente Stefania, alla quale finalmente il prof spiega il segreto della grande sborrata di sua moglie che era stato anticipato dalle due donne dell’anno prima. Stefania può solo masticare amaro.
A fine agosto, Stefania mi comunica che tutti devono rientrare per l’apertura delle scuole: prendo da parte il prof e gli regalo, a nome della Ditta, i biglietti di ritorno per tutti, compresa mia moglie. “Ve li aveva promessi mia moglie; ma siete stati tu e tua moglie che li avete meritati per tutti. Grazie. Se vorrete, un posto qui ci sarà sempre.” Mi abbraccia amichevolmente; Rosaria invece mi succhia come un tentacolo di medusa e mi lascia stordito. “Sai, le dico, sei stata la cosa più bella di questa vicenda, ho avuto molto piacere a incontrarti. Spero che tornerai.” Mi accarezza e fa una smorfietta come per dire “chissà …” Mentre fervono i preparativi per la partenza, Stefania mi chiede più volte quando tornerò a casa. “Presto, abbi fede; metto a posto i miei problemi di lavoro e ti raggiungo.” “Benissimo. Tu torni da me ricco della nuova esperienza che hai fatto e cominciamo io e te a praticare l’amore libero che tu non avevi capito. Noi ora cominceremo una nuova vita all’insegna dell’amore libero e tu sarai il gran maestro.” Per fortuna c’è lì vicino il suo avvocato. “E’ solo sotto stress perché ha dovuto ammettere troppe sconfitte. Ce la farà.” Lei se ne va sorridendo e io non so se ha capito, se continua a vivere in una bolla di sapone o cosa altro le stia succedendo.
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