Confusa e intorpidita dal buon vino e dall'allegra compagnia, dopo una piccola festa tra amiche, decisi di tornare a casa in Taxi. Stretta in un leggero foulard, al bordo del marciapiede, attendevo con ansia l'autista che, come un cavaliere notturno, mi avrebbe scortata a casa verso la salvezza.
Aspettai una manciata di minuti quando, all'orizzonte della strada, vidi comparire un'auto bianca con la scritta «Taxi». Con frettoloso fare, mi apprestai ad assicurarmi ai sedili posteriori di quell'auto impaziente di stendermi a letto:
«È stanca, signorina?» Mormorò l'autista a bassa voce; così fievole il suo tono che non potei sentirlo di primo impatto
«Come dice, scusi?» Risposi con gli occhi rivolti al finestrino dalla quale ero persa ad osservare uno scuro mondo orizzontale sfrecciare dinanzi al mio sguardo
«No, dico: Lei è stanca?» Precisò il guidatore
«Sì» Ribattei smorzando quella conversazione sul nascere.
Quando fummo arrivati in prossimità di un Club che elargiva una lunga coda all'entrata, ci fermammo tra le auto incolonnate al semaforo ed io, con sguardo bieco, cominciai a scrutare le figure che sostavano fuori al locale, piene di entusiasmo e con volti divertiti.
In quel preciso momento, dallo sportello opposto al mio, salì con tutta fretta un giovane ragazzo che, con respiro affannato gridò all'autista distratto dalla sua intrusione:
«Presto! Parti, è verde!»
«È occupato!» Ribatte a gran voce il guidatore facendo partire l'automobile
«Sì, sì! È occupato! Ti do il doppio della corsa, ma portami via di qui!» Esclamò il ragazzo frugandosi nelle tasche
Io, in silenzio, rimasi ad osservare quella scena stringendomi verso lo sportello quando, egli, scivolando verso di me disse:
«Scusa l'intrusione, spero non sia un problema»
Scossi il capo in segno di negazione ed egli mi sorrise.
Osservai la sua somatica e, pur annebbiato dall'alcool e dalla Night Life, appariva di bell'aspetto; I suoi capelli, mossi dalla gelatina, elargivano un colore nero corvino a tratti lucido, il suo sguardo castano, diceva più della sua dizione ed era un piacere specchiarcisi all'interno. Le guance erano ornate con un sottile velo di barba rasata che all'occhio appariva ispida.
Protese la sua mano verso di me atta a presentarsi e, su di essa, potei notare un vistoso tatuaggio.
Rimasi ad osservare quella che parea una data iniettata ad inchiostro sotto pelle quando, egli, notando il mio sguardo disse:
«Questo? È la mia data di nascita, l'ho fatto molto tempo fa. Ti piacciono i tatuaggi?»
Accennai un «Sì», a quel punto il mio abusivo accompagnatore si sollevò la maglietta sopra il petto e, mostrandomi il fianco destro sulla quale v'era tatuato un Drago, disse:
«Anche questo è molto vecchio, ma sono comunque fiero del risultato»
Come attratta da criptico interesse, allungai la mano fino a sfiorare il suo fianco con la punta delle dita.
Sollevò lo sguardo posandolo sul mio volto e disse:
«Ti piace?»
«Credono che abbia una forza leggendaria, dicono tutti che è un’era che durerà poco. Vive coi piedi nel lago e la testa per aria, poi quando ha i piedi per terra ha una bocca di fuoco. Vede le più dimensioni del simultaneo, porta la maledizione del sotterraneo. Nato dal gioco di un Dio iracondo, dentro una guerra nel grande marasma, vive nel mondo, e vola in un cielo di plasma. Anche essere draghi è un'arte» Citai, distratta da quell'inchiostro che posava su quel corpo perfetto
«Come dici, scusa? » Chiese lui confuso
Sollevai lo sguardo atto a guardare il suo viso e, spostando la mano, voltai il capo verso il finestrino:
«N-niente»
Egli sorrise tirandosi giù la sottile maglietta nera; il suo profumo anelava in tutta l'automobile, confondendo i miei pensieri e rendendoli lussuriosi.
Avvicinò il suo volto alla mia spalla coperta dal pesante cappotto e, poggiando una delle sue guance su di me, disse:
«Sei comoda, ed io sono stanco, potrei addormentarmi»
Chiudendo gli occhi e affievolendo il tono vocale, parve assopirsi in un'istante proprio sul mio braccio.
Lo guardai ruotando leggermente il viso e, senza disturbare il suo sonno, presi a guardare la sua somatica alleggerita dal suo precario dormire:
«Signorina, mi dica se la sta importunando, lo sbatto fuori di peso» Borbottò il guidatore
Scossi leggermente il capo senza dire nulla e, portando il palmo della mia mano sulla coscia del bell'addormentato, cominciai a massaggiare i suoi muscoli presa da un'irrefrenabile voglia.
Guardai attentamente il suo viso, assicurandomi che stesse ancora dormendo e, quando potei sentirlo russare, lasciai scivolare la mano verso il suo interno coscia sfiorando i suoi genitali con il mignolo.
Portando il palmo tra le sue gambe, strinsi leggermente il suo sesso fino a percepirlo al mio tatto. Accarezzai il suo pene coperto dal pesante strato di Denim scuro e, senza remore, godevo di quell'atto.
Fermai l'azione quando, strofinando la guancia sulla mia spalla, egli parve svegliarsi. Ricadde disteso di schiena sui sediolini ed io, sorridendo, lo osservai piombare di nuovo in un sonno profondo.
Allungai la mano verso la cerniera dei suoi pantaloni e, distraendo l'autista con una banale richiesta d'informazione, tirai giù la lampo dei Jeans dell'intruso addormentato.
Infilai la mia mano all'interno dei suoi pantaloni, posandola senza pudore sul suo pene che, oltre al Denim che avevo superato, non era coperto.
Afferrai nella mia fredda mano tutta la sua circonferenza e, al mio tocco, egli sussultò leggermente, ma senza svegliarsi.
Progressivamente, potei sentirlo gonfiarsi ed indurirsi nella mia mano, rendendo più difficile la stretta e, quando fu eretto, lo estrassi dalla cerniera dei pantaloni cominciando una leggera e vergognosa masturbazione:
«Questo tempo precario mi farà ammalare» Commentai con fievole voce, atta a coprire il leggero rumore che emetteva il movimento della mia mano
«Vuole che accenda il riscaldamento?» Chiese l'autista con gli occhi puntati sulla strada
«N-no, no» Risposi.
Fermando la mano alla base del suo arnese, scoprii la sua cappella turgida e, con molta delicatezza, posai il pollice su di essa accarezzandola dolcemente.
Lasciando il pollice sulla punta, cominciai a masturbare tutta la sua lunghezza tenendo il suo pene nelle restanti quattro dita. In quel preciso momento, potei sentirlo emettere un leggero gemito che presi a coprire con dei finti colpi di tosse:
«Si sta già ammalando, è di salute cagionevole?» Commentò l'autista
Io, stringendo il pene dell'ignaro addormentato, risposi:
«No,no. Credo di aver preso un po' troppo freddo questa sera»
Prodiga a quell'atto voluttuoso, posai la mia mano sinistra tra le mie cosce e, con gli occhi rivolti al grosso affare in tiro dell'emblematico ragazzo dormiente, presi a toccare il mio sesso dalle calze affondando i polpastrelli su quella calda e umida morbidezza.
Attratta dall'odore e dalle linee che contornavano il sesso di lui, chinai il capo affondandolo nella mia bocca senza nessun'esitazione.
Spalancai gli occhi al sentore di quella prominente grandezza che teneva le mie mandibole ben aperte e, con più fatica di come l'avevo lasciato entrare, lo feci uscire facendolo scivolare via dalla mia bocca. Quando la punta della mia lingua si sollevò dalla sua cappella, vidi un piccolo rivolo di saliva che, come sottile filo trasparente, congiungeva ancora la mia bocca al suo arnese.
Fui sorpresa quando, inaspettatamente, vidi eruttare il suo pene contorcendosi in piccoli spasmi e, senza dare nell'occhio, mi chinai velocemente su di esso infilandolo di nuovo nella mia bocca atta ad accogliere il suo caldo seme.
Sollevai lo sguardo mandando giù a piccoli sorsi quel caldo liquido e, con grande stupore, notai gli occhi spalancati dell'ignaro ragazzo che, incredulo, osservava il mio volto prodigo alla fellatio. Sollevando il capo, gli regalai un finto sorriso contornato dal suo sperma e, mandando giù quell'acidulo liquido esclamai:
«Io scendo qui!»
Lasciando un biglietto da cinquanta euro sul sediolino, scesi frettolosamente da quel Taxi che rimase fermo nel traffico.
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