La schiava inginocchiata ai piedi del trono era come di consueto impegnata nella propria opera orale. L’imponente pene imperiale era turgido e nodoso come sempre e la lingua della donna scorreva rapidamente dalla base alla punta rendendolo lucido e umido. Il tubino di pelle d’ordinanza della schiava le copriva il busto e il seno, ma non era sufficientemente lungo da coprirle il culo rivolto verso la folta platea. Il suo sesso si ritrovava rivolto ad una folla di sconosciuti, umido e gocciolante umori. Mentre l’ultimo dei supplicanti si allontanava, la schiava afferro l’asta bagnata con entrambe le mani, muovendosi dall’alto verso il basso e viceversa, applicando un’ulteriore rotazione dei polsi.
- Mio Sire– disse la Generale Biscia facendosi largo tra la folla – Posso parlarti?
Indossava un lungo mantello verde che la copriva integralmente e si allineava al colore dei suoi capelli. Le pupille da serpente non osavano fissare il proprio monarca, così indugiavano sulle nudità della schiava. L’imperatore fece cenno col capo coperto dall’imponente elmo bruno, concedendo il proprio consenso.
- Dimmi ciò che hai da dirmi Generale.
La schiava non ascoltava ciò che il suo padrone e i sudditi si dicevano, era troppo impegnata a cercare di dare piacere. Iniziò a carezzare tutta l’asta con le unghie fino al glande, quindi passò la punta dell’indice sotto la corona della nerchia circondandola completamente fino al frenulo che iniziò a solleticare con la lingua. Il cazzo dell’imperatore ebbe un fremito, così la schiava osò di più e iniziò a stuzzicare con la stessa unghia dell’indice anche il buchino in cima.
- Mio Sire – proseguì Biscia – Ho notizie non buone purtroppo. Le mie spie mi riferiscono che Mikael, colui che fu stregone di corte e che fuggì dalla prigionia, si è diretto all’accampamento dei ribelli e di Cunya. Abbiamo motivo di pensare che tramerà contro di te, svelando i tuoi segreti ai nostri nemici.
La schiava proseguiva la sua opera di sollazzamento del pene imperiale. Prese l’intero glande nella bocca, carezzandolo con la lingua chiudendo le labbra attorno alla corona del glande. Intanto con una mano masturbava l’asta mentre con l’altra massaggiava i possenti testicoli. Sembravano ogni giorno sempre più grandi, morbidi e pieni. Come se non sfogasse mai la propria passione, accumulandola in quelle pesanti e ingombranti sacche. Si scoprì desiderosa di esserne inondata.
- Capisco – disse l’Imperatore per nulla scosso dalle parole di Biscia, ne tantomeno impressionato dalla fellatio della propria schiava – Lo voglio morto il prima possibile. Sarai in grado di occupartene?
- Mio Sire, non ti ho deluso quando mi hai ordinato di sverginare la vergine, non lo farò questa volta.
- Brava Biscia – disse l’Imperatore alzando la mano guantata di metallo scuro – va e rendimi fiero di te.
Quindi fece calare la propria mano sul capo della schiava, spingendolo con forza sul proprio membro. La schiava iniziò a inghiottire il cazzo dell’imperatore finché poté, ma la spinta era sempre più forte. Cercò di puntellarsi con le mani, ponendole sull’inguine dell’Imperatore, per farsi forza ed impedire che quel cazzo così enorme la soffocasse, tuttavia la potenza di lui era troppa e il cazzo si faceva sempre più spazio nella bocca di lei, fino alla gola. Iniziò ad emettere dei suoni gutturali e sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
Biscia sembrava ipnotizzata da quella scena. Vedeva la schiava iniziare a dimenarsi, cercando di divincolarsi, di togliersi il cazzo dalla bocca, senza successo.
- Va – ripeté l’Imperatore con tono lievemente infastidito, mentre con la mano continuava a spingere il capo della schiava verso il proprio inguine.
Il generale non se lo fece ripetere ancora, annuì e arretrò. Alzò il cappuccio del mantello fino a coprire i capelli verdi e si dileguò nella folla che riempiva la sala. Alle sue spalle, i lamenti gutturali della schiava aumentavano e così i suoni del suo dimenarsi.

- Biscia, cosa ti porta qui? – chiese l’uomo sorridendole.
Aveva capelli neri, occhi neri e labbra nere, così come la sua pelle. Una tunica del medesimo colore nascondeva il suo corpo, ma le imponenti spalle facevano indovinare un fisico muscoloso e allenato. Biscia non rispose subito, si guardò intorno per alcuni attimi, cogliendo ogni dettaglio del sottoscala in cui si trovava. Rispecchiava in pieno i bassifondi della capitale, dove in effetti si trovava, sporco e polveroso, squallido e decadente. Anzi, forse tra i sottoscala dei bassifondi era anche il peggiore. Eppure in quel luogo studiava ed esercitava Akmeez, uno dei più potenti ombromanti che Biscia conoscesse, ed era di lui che aveva bisogno per portare a termine il lavoro datole dall’Imperatore.
- Akmeez, ricordi Mikael?
- Certo, era come un fratello per me, lo sai. Non lo sento da molto tuttavia.
- È all’accampamento dei ribelli al nord e deve morire.
- Non so se posso aiutarti. Abbiamo condiviso molto io e Mikael, non me la sento di fargli del male.
- Certo, lo capisco – disse Biscia sciogliendo un sacchetto ricolmo di monete d’oro dalla cintura e poggiandolo sulla scrivania dell’uomo – Non ti chiederei nulla che crei un conflitto morale in te.
Akmeez prese il sacchetto, lo soppesò, quindi disse.
- Come vuoi che ti aiuti?
- Non saprei, sei tu l’ombromante. Non puoi mandare un’ombra ad ucciderlo?
- Se vuoi che un’ombra ti obbedisca, devi esserne la madre.
- Spiegati meglio.
- Le ombre obbediscono ai miei voleri finché sono presente e posso piegarle al mio volere – disse l’ombromante alzandosi dalla scrivania e avvicinandosi a Biscia – Ma se vuoi che un’ombra viaggi e faccia qualcosa per te, devi creare un legame indissolubile con lei. Io posso evocarla, ma se non è legata a te non obbedirà.
- Come posso creare questo legame?
- Beh, è più semplice di ciò che credi: Dovrai partorirlo. E dovrò essere io ad ingravidarti.
Il Generale rise, divertita.
- Scommetto che è una scusa. Hai sempre sognato di scoparmi…
- Non è una scusa… - detto ciò l’ombromante si tolse la tunica, facendola scivolare a terra. Si rivelò un corpo nero composto da muscoli e nervi. Ogni centimetro di quel corpo era delineato e pulsante di forza… eccetto il suo pene. Fu quello infatti ad attirare l’attenzione di Biscia. Il cazzo dell’ombromante, infatti, era piccolo nonostante eretto. Una specie di mignolo raggrinzito e insignificante che cercava di farsi largo tra due muscolose cosce.
- Ma quello è il tuo cazzo? – chiese sconvolta Biscia, trattenendo una risata – e vorresti scoparmi con quello? Ma a stento si nota…
Akmeez non si scompose. Iniziò a muovere le proprie mani tracciando dei disegni nell’aria. Pian piano le mani iniziarono a circondarsi di un’aurea buia. L’oscurità iniziò a fluire da ogni angolo del buio sottoscala, richiamata dall’incantesimo dell’ombromante. L’aurea d’ombra aumentò sempre di più intorno alle sue mani, finché con un gesto deciso verso il basso, essa iniziò a fluire all’interno del suo pene. Era come fumo, che invece di levarsi da quel piccolo cazzo, vi fluiva dal buchino in cima, e più ombra fluiva al suo interno, più il cazzo cresceva di dimensioni.
Biscia osservava la scena sconvolta, a bocca aperta. Aveva visto tante cose nella sua vita, ma nulla del genere. Il cazzo nero iniziò a crescere, sempre di più, diventando sempre più turgido e teso. I nervi che lo ricoprivano divennero doppi e spessi, rendendo l’asta nodosa. Quando il cazzo di Akmeez divenne più grande perfino di quello dell’Imperatore, Biscia si leccò le labbra con la sua lingua biforcuta e slacciò il mantello che la copriva.
Svelò così il suo corpo, coperto da un’armatura in cuoio borchiato nero che spiccava sulla pelle bianco pallido. L’armatura lasciava nudi i seni sodi dai turgidi capezzoli e scendeva con un corpetto lungo i fianchi, interrompendosi all’inguine, lasciando il sesso glabro completamente nudo. Alti e pesanti schinieri completavano l’armatura, coprendole gli stinchi fino alle ginocchia. Proprio questi produssero un forte rumore metallico quando il generale Biscia si lasciò cadere in ginocchia, davanti al possente membro dell’ombromante. Senza attendere un istante glielo afferrò e lo introdusse tra le proprie labbra.
Sapeva utilizzare molto bene la lingua biforcuta per provocare piacere ad un uomo, così, mentre le labbra avvolgevano il glande carezzandolo, la lingua iniziò a giocherellare col buchino in cima, con le due punte che cercavano di farsi largo al suo interno. Se l’operazione stava piacendo, Akmeez non dava a vederlo, completamente in tranche. I suoi testicoli erano grandi e ingombranti, così Biscia iniziò a carezzarli con entrambi le mani mentre la bocca si faceva largo sul glande, sempre più in profondità.
Ripensò alla schiava dell’Imperatore, che stava quasi soffocando mentre le veniva spinto il cazzo in gola. Ora il cazzo dell’ombromante era decisamente più grosso di quello, eppure lei aveva deciso di ingoiarlo tutto. Potendo contare sulle proprie affinità con i serpenti, aprì la propria bocca ancora di più, fino a poterlo contenere tutto e rilassò la propria gola che riuscì ad espandersi a sufficienza.
Lentamente ma inesorabilmente, la bocca di Biscia calò lungo l’enorme cazzo di Akmeez, prima avvolgendo l’intera massiccia nerchia, poi sempre più giù, lungo l’asta. Quando fu sufficientemente dentro, lungo la gola di Biscia si poteva distinguere la forma della nerchia che continuava a calare, sempre più giù. Alla fine le labbra del generale aderirono alla base del pene e, lentamente, la lingua fece capolino, lunga e biforcuta, andando a leccare i testicoli ormai prossimi.
Nonostante il suo cazzo fosse completamente ingoiato mentre le sue palle vengano leccate, Akmeez continuava a non dar alcun segno, come se tutto ciò non lo toccasse minimamente. Impassibile fissava avanti a se continuando a far gesti con le proprie mani, disegnando il rituale che stava portando a termine.
L’impassibilità dell’ombromante sembrava infastidire Biscia, abituata a uomini che cadevano ai suoi piedi e gemevano come folli ogni volta che ella si degnava di compiacerli, così oso ancora di più. Portò la propria mano alla gola e se l’afferrò, quindi iniziò a strofinarla su e giù, come se volesse masturbare il cazzo al suo interno. Strinse la mano a sufficienza per sentire il rigonfiamento della corona del glande attraverso la pelle della gola, e quindi cominciò a masturbare il cazzo con vigore, su e giù, senza sosta.
Solo a questo punto Akmeez sgranò gli occhi ed emise un suono di piacere intenso. Sentiva il proprio cazzo ingoiato, masturbato e le proprie palle leccate, tutto contemporaneamente. Abbassò gli occhi vedendo come Biscia riuscisse in tutto ciò.
- Ferma Biscia – disse allarmato – Devo venire nella tua figa perché il rituale abbia successo, non nella tua bocca.
- E sia – disse Biscia togliendosi il cazzo di bocca.
Si avvicinò alla scrivania dell’ombromante e gettò al suolo tutto ciò che vi erano sopra, vi ci sedette e allargò per bene le cosce, per permettere all’uomo di colore di scoparsela.
Senza attendere oltre, quest’ultimo afferrò il proprio cazzo completamente ricoperto di saliva e lo indirizzò tra le cosce di lei, penetrandola selvaggiamente.
Biscia non aveva mai avuto niente di così grosso dentro di lei. Desiderava che lui fosse completamente dentro di lei, così si afferrò le caviglie e si allargò le cosce il più possibile, per assicurarsi di non offrire alcuna resistenza al grosso membro di lui.
D’altra parte Akmeez la afferrò per i fianchi ed iniziò a spingere con violenza, sempre più forte, sempre più in profondità, finché non iniziò a sentire le proprie palle sbattere contro il culo di lei.
- Ti prego, lo voglio nel culo – si scoprì a urlare lei – sfondami il culo!
- No, devo venirti nella figa – rispose l’altro – serve per il rituale.
Spinse forte, per diversi secondi, poi non riuscì a trattenersi oltre e si svuotò in lei. Biscia era abituata alla sensazione degli schizzi densi e caldi, della sborra che si riversava in lei, ma questa volta fu diversa. Fu come sentire un soffio freddo in lei, costante, continuo, che le gelò la colonna vertebrale provocandole numerosi brividi e spasmi.
Quando tutta l’ombra fu uscita dal cazzo di Akmeez ed entrata nella vagina di Biscia, finalmente l’ombromante uscì da lei. Barcollò facendo alcuni passi indietro, scosso e sfinito dallo sforzo.
- E adesso? – chiese Biscia, ma non fece nemmeno in tempo a finire la frase. Improvvisamente sentì qualcosa formarsi dentro di se e il proprio ventre crescere. Quando fu ampio quanto quello di una donna incinta, finalmente qualcosa iniziò ad uscire da lei. Attraverso la sua vagina si riversò un’ombra, che piano piano prendeva fattezze antropomorfe. Sebbene composta da oscurità e dai contorni rarefatti, le forme del sedere e dei seni, facevano intuire che fosse una donna. Eppure non aveva volto, ne voce. In pochi attimi, quando ormai la pancia di Biscia si era di nuovo sgonfiata, fu in piedi, al cospetto del generale e dell’ombromante. Si inchinò al cospetto della donna e attese.
- Ombra, va a nord, trova Mikael nell’accampamento dei ribelli e uccidilo – ordinò lei.
L’Ombra non attese un secondo di più, corse in direzione di un piccolo finestrino in alto, che affacciava sul marciapiede, e, come fumo, si dissolse passandovi attraverso.
- Ora dovremo solo aspettare che l’Ombra compia il proprio ordine – disse Akmeez.
- Perfetto – disse Biscia rimanendo sul tavolo, a cosce larghe – ma io non sono venuta.
Buttò uno sguardo tra le cosce dell’ombromante, il cui cazzo era tornato piccolo ed insignificante.
- E non potrai certo farmi venire con quel cosino – sbuffò – forza, datti da fare con la lingua.

Clotilde era ferma all’ingresso dell’accampamento, indossando la sua solita tunica stretta in vita. Osservava verso la strada che abbandonava il nord, andando verso sud. Giada stava cavalcando verso la Capitale ed era ancora visibile nel suo vestitino corto e i suoi capelli svolazzanti. Chissà se ce l’avrebbe fatta. Una parte di Clotilde lo sperava, un’altra desiderava solo scontasse le colpe della sua stupidità. Averla violata con l’intero pugno attraverso lo specchio era stato completamente superfluo, era chiaro già da prima che il portale funzionasse, ma lei voleva punirla.
Appena la gemella non fu più visibile ad occhio nudo tornò sui suoi passi, tra le tende del campo. Pensava alla guerra, ai problemi, agli alleati. Forse l’est poteva essere davvero un valido alleato. Probabilmente era necessario inviare qualcuno che li smuovesse, qualcuno determinato e con abbastanza autorità da parlare a nome suo.
Per un primo momento aveva pensato ad Annetta, ma poi aveva deciso di non volersene privare. Temeva per la sua incolumità e le piaceva averla accanto. No, Annetta non andava bene, occorreva una guerriera più abile e determinata: Hurra.
Clotilde si incamminò verso la tenda dei prigionieri, dove sapeva di trovarla. Al suo interno vi erano lei, Red e Mikael. Lo stregone se ne stava in un angolo, silenzioso, mentre osservava l’ennesima giornata di torture a cui Hurra stava sottoponendo Red.
Quest’ultimo era costretto con le mani al suolo, bloccate da pesanti catene, mentre il culo era rivolto verso l’alto. Tra le gambe penzolava un pene chiuso in una strettissima gabbia di metallo chiusa da un lucchetto, che ne impediva l’erezione. Hurra era dietro di lui e gli stava penetrando l’ano senza sosta e senza pietà con un cilindro di legno dalle fattezze di un pene. Gli stava scopando il culo con vigore, andando molto in profondità. Nonostante i mugugni di dolore che Red emetteva costantemente, dalla gabbietta tra le gambe cadeva di tanto in tanto una goccia di sborra.
- Hurra – intervenì Clotilde – Cosa sta succedendo?
- Mia signora, lo sto punendo per le sue malefatte, come da tuoi ordini – disse Hurra senza assolutamente interrompersi.
- Fermati Hurra.
All’ordine, la soldatessa obbedì, fermando la mano proprio mentre il cazzo di legno era profondamente incuneato nell’ano del prigioniero.
- Voglio che tu vada ad Est, a chiedere alleanza per sconfiggere l’Imperatore.
- Ma quelli sono degli smidollati, non accetteranno mai!
- Per questo andrai tu, sono certa li convincerai.
- Posso almeno portare il mio nuovo amico con me – chiese Hurra indicando Red con il culo all’aria e il cazzo di legno infilato dentro.
- Ti prego mia Signora – ebbe il coraggio di dire Red – ho scontato già tanto le mie colpe nei tuoi confronti! Ho scontato giustamente. Sono stato meschino e malvagio, ma ora ho capito i miei sbagli. Ti prego, liberami da questa prigionia e combatterò per la vostra causa.
Clotilde ascoltò l’uomo implorare. Annui lievemente.
- Sia, in effetti hai scontato moltissimo a quanto vedo – quindi si voltò verso Hurra – sentito? Il suo amico preferisce rimanere qui. Liberalo e poi vieni nella mia tenda, dobbiamo discutere del tuo viaggio e delle nostre proposte all’Est.
Hurra annuì alla stregona mentre questa abbandonava la tenda.
- E così vuoi essere liberato? – domandò Hurra appena Clotilde ebbe lasciato la tenda.
- Non ti piacevano i nostri giochi? – detto ciò spinse ancora più in profondità il cazzo di legno nel culo di Red – eppure sborravi così tanto. Lo sai che sborravi a litri. Avevi mai sborrato così prima?
- Ti prego, liberami – mugugnò semplicemente Red.
- Certo – disse Hurra estraendo un affilato pugnale dalla cintura – Puoi contarci che ti libererò, ma prima…
E con il pugnale in mano si chinò verso l’uomo. I suoi occhi neri non facevano presagire nulla di buono.

Cosa accadrà a Red? Cosa gli farà Hurra? Ho pensato di rendere il racconto più interattivo. Decidi tu cosa gli succederà. Inviami una mail a menestrello00@gmail.com e dimmi quale, secondo te, dovrebbe essere il suo destino. L’idea più fantasiosa (e sadica, perché no?) verrà applicata. Scrivimi
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