Re Urk e la Regine Merin sedevano sui loro troni nella sala delle udienze. Era un salone immenso, con arazzi raffiguranti gli emblemi del Regno dell’Est sparsi ovunque. Colonne maestose dividevano la zona precedente al palchetto del trono in tre navate, di cui, la centrale, estremamente più larga delle laterali. Una fila di soldati in armatura, completamente rivestiti di metallo, circondava il gruppo di nobili e diplomatici sopraggiunti. Re Urk indossava un farsetto di velluto pesante verde e un mantello nero che lo avvolgeva da spalle a piedi. Il copricapo reale lasciava visibili solo gli occhi, neri come la notte. Regina Merin portava invece un abito viola accollato e dalle lunghe maniche, terminante in guanti porpora. Il copricapo reale le avvolgeva la testa coprendo capelli e collo completamente. Solo gli occhi verdi spiccavano da un’apposita fessura. Oltre gli improbabili accostamenti di colore, ciò che più colpiva nelle genti dell’Est era la rigida etichetta sociale che permeava il loro modo di abbigliarsi. Il Re e la Regina erano completamente coperti, e la loro pelle spiccava solo dalla fessura che si apriva nei loro copricapi per permettere loro di vedere. I più alti nobili del regno, subito sotto il palchetto reale, indossavano abiti che lasciavano scoperti soltanto gli ovali del viso, nascondendo collo e capelli. Via via che il rango si abbassava, si riduceva il diritto a coprire la propria pelle. La sala delle udienze conteneva esclusivamente nobili e diplomatici, quindi non vi era nessuno che mostrasse qualcosa più delle proprie mani. Gli abiti erano tutti molto accollati, con lunghe maniche e dei colori più sgargianti.
Uniche note stonate, due schiave alle spalle dei troni. Due ragazze completamente nude. Non era concesso loro nemmeno l’utilizzo dei calzari, indumento concesso ai carcerati ed ai prigionieri. Le due schiave stavano in silenzio alle spalle dei due regnanti. Ognuna stazionava dietro un trono, rappresentando le schiave personalissime di Re e Regina. La schiava del Re, una ragazza dalla carnagione chiara come il latte, aveva capelli biondi e occhi blu come il mare in tempesta. Il suo corpo longilineo e snello presentava curve appena accennate, con seni rotondi e piccoli e capezzoli turgidi all’insù. La schiava della Regina era una donna di colore con occhi e capelli neri. L’incarnato d’ebano incorniciava un corpo dalle curve generose. La vita stretta si allargava verso due seni prosperosi e sodi e verso fianchi larghi. Un sedere carnoso e prominente la caratterizzava e la faceva riconoscere tra mille come lei. Entrambe restavano silenziose alle spalle dei loro padroni, attendendo gli ordini.
Infine, su di un trono sotto il palco reale, sedeva la Principessa Mirella, totalmente coperta in un accollato abito viola e un copricapo giallo che lasciava visibili solo gli occhi, scuri come quelli del padre. Molti uomini la fissavano, pretendenti giunti lì per chiedere la sua mano. Ogni giorno si facevano avanti numerosi, ma lei sembrava non avere occhi per nessuno.
- Maestà - un dignitario di corte con solo la testa scoperta si avvicinò al palco del trono. Indossava abiti rossi e arancioni, con un mantello verde sulla schiena. A completare l’opera, un paio di guanti blu. - L’Imperatore ci chiede altri soldati per le loro fila. La vittoria sul Regno del Sud e sui Ribelli del Nord ha dato un duro colpo alle loro forze ed ora hanno bisogno di rinforzi
Il Regno dell’Est era l’unico ancora esistente tra i regni sottomessi. Re e Regina avevano mantenuto il loro trono, almeno sulla carta, ma ai fatti non erano nulla di più di una colonia dell’Impero. Devolvevano una parte cospicua delle loro tasse all’Imperatore e quest’ultimo mandava continuamente dispacci contenenti ordini.
- Faccio preparare le truppe alla partenza? - domandò ancora il dignitario.
- Prima che rispondiate - si fece avanti un omone con solo l’ovale del volto scoperto. Si trattava del Conte Rubico, un uomo alto quanto grasso, ben noto per le proprie antipatie verso l’impero. - È forse questo il momento migliore per liberarci dell’Imperatore e della sua dittatura
Un mormorio si sollevò nella sala. Molti approvavano, molti altri ancora temevano che quell’azione li avrebbe condotti a morte certa.
- Con l’esercito imperiale compromesso, le nostre forze potranno facilmente far breccia nelle difese nemiche. In più ho sentito dire che se l’esercito del Sud si è disperso, tanto non vale per i Ribelli, che stanno radunando nuovamente le forze sotto Cunya.
- Conte, non sai cosa stai dicendo, è un rischio troppo grosso - la voce del Re giungeva attutita da sotto il copricapo che gli nascondeva il volto - l’Imperatore è potente, oltre ciò che immagini.
- Se c’è una speranza di tornare alla nostra autonomia come Regno, quella è adesso, Maestà!
- Rifletterò sulle tue parole Conte, ma per ora fate preparare le truppe da inviare al Regno
Con queste parole Re e Regina si congedarono, e con loro anche la Principessa. Ognuno si recò alle proprie stanze, dove avrebbero potuto spogliarsi finalmente e rilassarsi. Nel Regno dell’Est era vietato spogliarsi perfino davanti ai propri familiari. Gli abiti, simbolo sociale, erano sacri e inviolabili.
La Regina giunta nelle sue stanze si sedette su di un vaporoso letto a baldacchino, coperto da lenzuoli di seta d’ogni colore. La schiava, che la seguiva, chiuse la porta alle sue spalle e le si avvicinò.
- Mia Padrona, gradite riposare oppure chiamo gli schiavi da letto? - domandò chinando il capo per impedire che il suo sguardo incrociasse quello della Regina.
- Fai entrare gli schiavi LinguaAbile - rispose Merin.
LinguaAbile annuì e subito si recò alla porta, vi sparì oltre e, pochi secondi dopo, ne riapparve guidando un gruppetto di quattro uomini di colore totalmente nudi. Tutti erano grossi e muscolosi, col capo rasato e con un pesante membro che, moscio, ciondolava tra le cosce. LinguaAbile conosceva bene il rituale che la Regina desiderava, quindi li fece disporre intorno a se e si inginocchiò. Afferrò il pene a due degli schiavi mentre prese in bocca quello di un terzo. Iniziò a muovere le mani e la bocca, per stimolare il piacere negli uomini. Impiegarono poco per iniziare a tirarsi su, eretti, dritti e duri. Quando il primo cazzo divenne duro, lo lasciò, e si impegnò sul quarto schiavo che ancora attendeva. Muoveva le mani con sapienza e misura. Non troppo forte, lasciando il tempo al pene di ambientarsi a quel ritmo. Odiava essere una schiava, ma al contempo non poteva fare a meno di amare la sensazione di un grosso membro che le cresceva in bocca, passando da moscio e flaccido a lungo e duro. In breve la sua bocca risultò troppo piccola per contenere totalmente quel membro così doppio e lungo, e dovette accontentarsi di succhiarne l’imponente cappella.
Intanto la Regina, sul letto, iniziò a sbottonare un’apposita apertura in mezzo alle gambe. Non le era concesso di spogliarsi nemmeno per soddisfare il suo piacere. Guardò quei cazzi crescere tra le mani della schiava. Per un attimo la invidiò: lei poteva essere lì, nuda, a succhiare e ghermire quei grossi membri. Ad una Regina ciò non era concesso. Già trasgrediva amaramente la legge in questo modo, ma peggio ancora sarebbe stato se avesse concesso a quei peni di violare la sua bocca o la sua vagina. Tralasciò rapidamente quei pensieri e intrufolò la mano guantata tra le cosce, dove il suo sesso iniziava a bagnarsi copiosamente, mentre osservava la schiava darsi da fare con passione per portare al massimo della grandezza i membri degli schiavi da letto.
LinguaAbile succhiava e sputava su quei membri doppi e nodosi, riempiendoli di saliva che colava copiosa lungo i testicoli degli schiavi. Muoveva abilmente le mani, spalmando uniformemente la saliva, come per lubrificarli per bene. Spingeva ogni cazzo infondo, nella sua bocca, nella sua gola, per poi tirarli fuori con ancora un lembo di saliva pendente tra la cappella e le labbra scure. Sentirli affondare così, spingerseli in bocca con violenza, le toglieva il respiro. Era quasi un’autopunizione che la schiava si applicava senza motivo, senza pietà. Forse la totale devozione alla sua padrona, o forse il sottile e inconfessabile piacere che aveva sviluppato in quella pratica di totale sottomissione. Quando i cazzi furono pronti, turgidi e ricoperti di saliva, uno degli schiavi si stese sul letto. Un attimo dopo la Regina si sedette a cavalcioni su di lui. LinguaAbile succhiò ancora un po’ la cappella di quello schiavo, poi ne afferrò la base.
- Mia Regina, sicura che non volete provare a prenderlo davanti questa volta? - la sua voce era quasi timorosa, spezzata da incertezza.
- No! Già ciò è illegale! Davanti sarebbe addirittura blasfemo - rispose convinta la Regina.
LinguaAbile non riusciva a capire il suo zelo nel trasgredire solo le leggi più blande. Dal momento che si trasgrediva si poteva andare anche oltre, andare fino in fondo. Ma la Regina non voleva. Era inamovibile. La schiava non disse più nulla quindi. Afferrò bene alla base il grosso cazzo nero e lo indirizzò verso l’ano della sua padrona. Il cazzo si infilò nel culo rapido, veloce, senza alcun intoppo. L’insalivatura aiutava, ma non giustificava tale rapidità, tale semplicità.
La Regina sentiva quel palo penetrarla, entrare nella sua carne, nel suo buco innaturale. Avvertiva chiaramente la sensazione, la pienezza, ma non vi era più un briciolo di dolore o di piacere in ciò. Si piegò in avanti, verso il suo schiavo che, sotto di lei, le stava penetrando l’ano. Lui godeva, glielo leggeva su quel volto. Teneva le mani dietro la testa, in una comoda postura che giustificava con l’obbligo di non poter toccare il corpo della sua Regina, nemmeno se ancora avvolto dagli abiti. Mosse un paio di volte il bacino, penetrando l’ano di Merin, ormai così aperto e abituato a grossi calibri. Ma lei non provava più nulla.
LinguaAbile fece avvicinare un secondo schiavo, che si inginocchiò sul letto alle spalle della Regina. La schiava lo afferrò alla base e ne puntò la cappella verso l’ano già occupato della sua padrona. Il secondo cazzo fece più difficoltà a farsi strada tra il membro dello schiavo già dentro e il lato superiore dell’ano della Regina.
La sensazione di un secondo cazzo nel culo era per Merin devastante sia per dolore che per piacere. Iniziò a gemere. Gemiti misti di dolore e goduria. Non riusciva a capire se il dolore era tale da piacerle o il piacere era così profondo da farle male. Non le interessava capirlo. Mentre il suo ano si riempiva di due imponenti membri, la sua mente si svuotava e si lasciava andare al piacere più sfrenato. Lo schiavo sotto di lei non poteva vedere il suo volto, ma vedeva sicuramente i suoi occhi sgranati oltre il limite naturale e poteva udire la sua voce che, acuta, proclamava la maestosità delle sensazioni che la pervadevano. Mentre LinguaAbile tornava a mantenere in tiro i cazzi degli altri due schiavi, con la propria bocca, la Regina veniva inculata brutalmente. I due cazzi iniziarono a muoversi all’unisono, come se fosse un unico immenso agglomerato di durissima carne. Le prime due spinte la riempirono di sensazioni, ma la terza fu devastante. Fu violenta e profonda. Entrambi i cazzi si infilarono fino alla base, tutti nel suo culo. Una scossa di piacevole dolore o doloroso piacere le percorse interamente la colonna vertebrale e l’eco esplose nel suo cranio rimbombando assordante. Un urlo sfuggì dalle sue labbra mentre tutto il suo corpo, nascosto dagli abiti regali, veniva ricoperto da pelle d’oca. Subito portò una mano in una tasca della veste e ne estrasse un mordente di cuoio che infilò sotto il velo facciale. Lo strinse tra i denti per impedirsi di urlare: non poteva farsi sentire da nessuno nel palazzo. Era sempre stata bravissima e trattenere le urla del sesso anale, ma, da quando aveva raddoppiato la penetrazione, era costretta ad usare quel mordente per impedire che tutto il Regno sapesse ciò che stava facendo. Le successive penetrazioni furono tutte violente, tanto da costringerla a mordere il cuoio così forte da farle male i denti. Sentiva distintamente ogni nervo di quei cazzi spingere contro le pareti del suo ano, con forza e velocità crescente. Non riusciva a rinunciare a quelle sensazioni così forti e violente. Lo schiavo sotto di lei la vide ribaltare le pupille tra un urlo soffocato ed un altro. Per un po’, quelle urla gutturali soffocate dal mordente, furono gli unici rumori ad animare la stanza da letto insieme al risucchio insalivato della bocca di LinguaAbile sui cazzi degli altri due schiavi.

Urk attraversò il lunghissimo corridoio che separava i suoi alloggi da quelli della sua Regina con passo lento, pensieroso. La sua schiava lo seguiva un paio di passi indietro, senza proferir parola. La mente del Re era colma di pensieri di ogni sorta. Le parole del Conte Rubico avevano dato vita alla volontà del popolo tutto. In realtà anche lui avrebbe voluto liberarsi dall’oppressione che, nei fatti, rendeva il suo Regno una mera illusione. Quando l’Imperatore aveva conquistato il continente, gli era stato concesso di mantenere il trono per via della loro quasi immediata resa, ma erano stati spogliati di ogni potere. Erano dei semplici amministratori per conto dell’Imperatore e, ai suoi ordini, bisognava obbedire. Se lui richiedeva truppe, bisognava mandare truppe. Ma l’idea di mandarle per combatterlo piuttosto che per aiutarlo gli aveva solleticato la fantasia più di una volta. Ora era il momento giusto ma! era saggio farlo?
Raggiunse la sua camera da letto e intimò alla sua schiava SucchiaCazzi di non entrare. Diligentemente, questa, attese ulteriori ordini fuori l’uscio della porta del Re. Urk entrò e si sedette sul bordo del lettone, appoggiando la testa tra le mani, pensieroso, cercando di decidere il da farsi. Rimase lì per alcuni secondi, o forse numerosi minuti, difficile da dirsi. Aveva la testa che gli vorticava e non riusciva a decidersi. Il filo dei suoi pensieri si spezzò quando sentì la porta aprirsi. Era la Principessa Mirella.
- Mirella, tesoro, non è proprio il momento
- Ma papà - gli occhi fissavano il padre da dietro il velo regale - per favore!
Urk sbuffò e non rispose. Per tutta risposta Mirella si tolse il velo, liberando una folta capigliatura nera come la notte, che le ricadeva come un caschetto fino alle spalle, con una frangia dal taglio spigoloso che le copriva tutta la fronte.
- Sei impazzita? - quasi urlò Urk vedendo la figlia togliersi il velo - Ricopriti subito! Non sai che è vietato? Già ciò che facciamo è vietato, ma guardarti è davvero troppo
- Ma vietato da chi? Le regole le facciamo noi e ci imprigioniamo da soli - sussurrò sua figlia, senza la minima intenzione di rivestirsi. Anzi, con leggerezza sfilò l’abito di mille colori che cadde al suolo, rivelando la sottoveste bianca stretta in vita da una cintura di cotone. Così vaporoso, ancora impediva di indovinare le curve della giovane donna.
- Sono stufa di succhiartelo di nascosto e di fare l’amore vestiti, senza poterti offrire la mia carne da leccare e mordere
- Ma cosa dici! - Urk sembrava profondamente scosso e senza parole per i modi della figlia.
- Perché SucchiaCazzi può scoparti nuda? Perché lei può farsi prendere da te come una vera donna, con passione! Mentre quando scopi me è tutto così lento e scialbo!
- Non è scialbo, è dolce - rimbeccò Urk osservando la figlia sciogliere la cintura di cotone dalla vita - E comunque lei è una schiava! Ecco perché! Tu sei mia figlia
- E allora non voglio essere tua figlia ora - disse Mirella sfilando via la sottoveste - Voglio essere la sua schiava da letto.
Il suo corpo era incredibilmente bello e perfetto nelle misure e nelle proporzioni. I seni erano piccoli, ma alti e sodi. Da stringere pienamente con un’unica mano. I suoi fianchi creavano delle curve dolci e delicate, ma ampie al punto giusto. La sua pelle era candida e liscia, resa ancora più morbida dalla seta che costantemente avvolgeva il suo corpo. Il suo sesso era depilato e le labbra rose avvolgevano delicatamente l’apertura del piacere. Il suo sedere era un capolavoro quasi perfetto, morbido e arrotondato.
- Mirella rivestiti - intimò Urk, ma la figlia, al contrario, si inginocchiò davanti a lui e iniziò ad armeggiare con i suoi calzoni, liberando i bottoni dell’apertura per i genitali.
- Non chiamarmi Mirella, sono la tua schiava ora! chiamami FairySlave - rispose la ragazza.
Continuò ad armeggiare senza che il padre cercasse di bloccarla in alcun modo. Quando riuscì a liberare l’imponente attrezzo paterno, era già duro e pronto.
- Mi fa piacere che avete apprezzato padrone - disse Mirella calandosi nella parte della schiava. Quel cazzo non era enorme per lunghezza. Non superava la media di tanti altri membri. Tuttavia era largo in maniera impressionante, e la Principessa non riusciva a chiudere la sua mano intorno alla spessa asta. Lo avvolse con entrambe le sue mani mentre iniziò a succhiare la cappella larga e piena.
- SucchiaCazzi, entra - tuonò il Re. Un attimo dopo anche la schiava personale di Urk fece il suo ingresso, osservando la scena con occhi vuoti, senza giudicare o stupirsi.
Mirella non sembrò prestarci caso, nemmeno quando SucchiaCazzi si avvicinò ai due. Continuava a succhiare la cappella muovendo le mani sull’imponente asta. La insalivò per bene, passando la lingua su tutto il glande e carezzando con insistenza il buchino che vi si trova in cima.
Dopo pochi minuti Urk fece scostare Mirella e fece cenno a SucchiaCazzi di salire. La schiava, sapeva cosa doveva fare. Sospirò e posò i piedi nudi sulle cosce del Re seduto sul letto, dandogli le spalle. Quindi si accovacciò piano piano, posando le mani sulle spalle di lui per mantenere l’equilibrio. Da parte sua, il Re, allargò le gambe, e così anche quelle della schiava. Lentamente SucchiaCazzi calò il suo culo verso la nerchia reale. Lo strettissimo ano della schiava sembrava ancora più piccolo al cospetto della larghissima cappella di Urk. Mirella afferrò il membro per metà asta e aiutò ad indirizzarne la punta proprio nell’ano. Lentamente SucchiaCazzi iniziò a calarsi, usando il proprio peso per spingere il pene nel proprio corpo, attraverso quel buco minuscolo. Facendo forza sulle gambe evitava di spingere con troppa forza, per permettere al piccolo ano di acclimatarsi pian piano a quella presenza ingombrante. Ci volle un po’ prima che la punta, appena qualche millimetro, del glande iniziasse a farsi spazio. Il volto di SucchiaCazzi si contrasse, sofferente per quel primo, ancor piccolo, ingresso. Iniziò a far forza sulle gambe per tirarsi su e poi riscendere, per far allargare gradualmente l’ano. Mirella osservava, in ginocchio, tra le cosce del padre e della schiava. I piedi di quest’ultima poggiavano proprio sulle gambe del Re, e su queste faceva forza per rialzarsi e ricalarsi piano. Passò ancora qualche minuto e solo metà cappella era entrata nel culo di SucchiaCazzi. Urk guardò Mirella attraverso il velo regale che lasciava liberi solo gli occhi. La vedeva impaziente, sbuffante, quasi delusa. Mai si sarebbe aspettato il suo gesto.
La Principessa, evidentemente spazientita, afferrò le caviglie della schiava e le tirò con forza verso di sé. SucchiaCazzi sgranò gli occhi mentre, tenendosi in equilibrio con le mani rivolte all’indietro sulle spalle del Re, sentì mancare l’appoggio dei suoi piedi. Si ritrovò gambe all’aria e il pene nel suo ano era l’unico appoggio su cui scaricava tutto il suo peso.
Un dolore lancinante la attraversò. La sensazione di essere sventrata con un unico preciso colpo. Il cazzo le affondò dentro slabrando il suo ano con tutta la violenza del proprio peso. Il membro entrò in lei per metà, ma non dava cenno di poter entrare oltre, almeno non così facilmente. Mirella continuava a stringerle le caviglie, per impedirle di riposizionare i piedi sulle cosce. Tutto il peso della schiava era focalizzato sull’ano, che le bruciava da morire. Sentì il fuoco divamparle dal culo, fino alle viscere, dentro di lei. Alcune lacrime iniziarono a scorrerle lungo le guance, mentre le sue labbra sussurravano - Ti prego! Ti prego basta.
Alla fine Mirella ebbe pietà e le lasciò le caviglie. Subito riappoggiò i piedi sulle cosce e ritornò a dosare la forza. Fu un lieve sollievo, ma il bruciore era ormai violento e insistente. Lentamente risaliva l’asta e poi la riscendeva, cercando di portare piacere al suo padrone. Mirella la guardava divertita. SucchiaCazzi non riusciva a capire come una ragazza così bella e magnifica potesse avere un’anima così nera. I suoi occhi scuri la fissavano quasi con scherno, sghignazzando.
- Mirella se vuoi farmi da schiava!
- FairySlave - subito lo interruppe la Principessa
- D’accordo! FairySlave, lecami il buco del culo - ordinò il Re.
La figlia non se lo fece ripetere due volte. Inizialmente leccò per un po’ i testicoli di Urk, quindi scese lungo il perineo, solo alla fine lambì l’ano reale, leccandolo con lenti cerchi della lingua. Amava farlo godere, fargli piacere. Lui le aveva insegnato tutto e lei lo adorava come un dio. Era tutto ciò che importava per lei, tutta la sua vita. Se lui le avesse ordinato di lanciarsi dalla finestra l’avrebbe fatto, ma sapeva che suo padre ricambiava il suo amore con medesimo trasporto. Così continuò a leccargli il buco del culo, e accelerò i movimenti quando sentì i suoi gemiti di piacere. SucchiaCazzi intanto, accovacciata sul suo membro, saliva e scendeva con il culo. Ancora qualche lacrima solcava il suo volto, avvampato dal dolore e dal fuoco che le sembrava baciasse il suo ano allargato fino allo stremo.
- Quante storie che fai SucchiaCazzi. Non sai che mia moglie, convinta che io lo ignori, ne prende ben due nel culo? - rimproverò il Re.
- M! m! mi dispiace! padrone! - SucchiaCazzi quasi singhiozzava, eppure non si fermava. Ligia al suo dovere continuava a salire e discendere lasciando che quel membro così spesso la allargasse e la rompesse dove già le bruciava da impazzire.
Il Re socchiuse gli occhi godendosi quel doppio servizio che lo aiutava a rilassarsi. La sua mente si sgombrò di tutti i problemi. Attaccare o no l’Impero? Ci avrebbe pensato dopo. Ora si concentrò sulla sensazione dell’ano strettissimo della sua schiava, che comprimeva la sua cappella e la massaggiava andando su e poi giù. E si concentrò sulla lingua di sua figlia, che continuava a leccargli l’ano.
Mirella improvvisamente disimpegnò la sua lingua dal massaggio e iniziò a poggiare le punte dell’indice e del medio all’ano. Giocherellò alcuni istanti prima di irrompere con entrambe le dita. Il Re sgranò gli occhi. Non si aspettava di essere penetrato dalle dita della figlia, ma questa iniziò a massaggiare la prostata con i polpastrelli. Un massaggio lento e delicato che iniziò a provocare fitte di piacere nel Re. La Principessa sembrava avere una grande esperienza nelle mani. Le sue dita si muovevano con i giusti ritmi. Prima piano, poi lentamente più veloce.
Quando indice e medio di Mirella iniziarono a spingere sulla prostata ad una velocità ancora maggiore, Urk afferrò SucchiaCazzi per i fianchi e iniziò a scoparsela con violenza, spingendo il bacino verso l’alto e spingendo il culo della schiava verso di sé. Quest’ultima iniziò a urlare di dolore, implorando il Re di fare piano, di avere pietà.
- Basta Maestà! Vi prego! - più singhiozzava e piangeva e più Urk affondava il suo spesso membro.
Sentiva il cazzo fare forza per violare quell’ano vergine e stretto e le dita della figlia massaggiargli con impeto l’interno del culo. Le sensazioni erano troppe, e non riuscì a resistere oltre. Con un affondo più violento degli altri riversò un fiume in piena di piacere nell’ano di SucchiaCazzi.
La schiva sentì distintamente lo sperma riversarsi copioso in lei, schizzando caldo contro le pareti interne del suo ano. Avvertì distintamente ogni getto che acuiva le sue sensazioni di dolore. Ad ogni schizzo, quello che era un tremendo dolore si trasformava in un’esplosione nel suo culo. Lo sperma iniziò a scorrere giù per la spessa asta del membro, giù dall’ano. Mirella tolse le dita dalla loro occupazione e si calò a leccare quello sperma, dalla base delle palle, dove era arrivato, fino all’ano che nascondeva più di metà del cazzo paterno. SucchiaCazzi sentiva la lingua della Principessa lambirle la pelle, provando quasi una sensazione di piacere finalmente. Tuttavia il cazzo era ancora in lei e la teneva larga oltre ogni immaginazione. Il Re, senza la minima delicatezza, strinse i fianchi della schiava e, con un colpo secco, la alzò da sé, lasciandola cadere lateralmente sul letto.
Una nuova insopportabile vampata di fuoco e di irritazione colpì il culo della schiava. Un dolore che le impediva anche quasi di respirare, figurarsi di muoversi.
- Va via - intimò però Urk.
Ancora piangendo per il dolore e la vergogna, la schiava desiderava solo scappare via, a pulirsi e nascondersi. Eppure nemmeno ciò le era concesso. Ad aumentare la sua umiliazione, non riusciva a muoversi normalmente. Fu costretta a raggiungere la porta con le cosce più divaricate possibili, per via del forte bruciore anale. Camminò così, lentamente, sotto gli occhi della Principessa e del Re evidentemente divertiti dalla scena. Ogni passo era una sofferenza, una lacrima, un gemito di dolore e un sorrisetto divertito di Mirella.
Quando finalmente fu uscita, la Principessa tornò a leccare il grosso membro, per ripulirlo per bene della sborra colata sopra.
- Secondo me, dovremmo attaccare l’Impero - disse improvvisamente la ragazza.
- Lo penso anche io - rispose Urk - Ma tu sei solo una schiava! Perciò sta zitta FairySlave
I due si guardarono con complicità, come due innamorati.
- La prossima volta però, incula me! - sussurrò infine FairySlave, prima di tornare a pulirgli il cazzo con la lingua.

L’urlo distante non poteva che essere di SucchiaCazzi, pensò Miren. Evidentemente Urk l’aveva inculata. Quel bastardo non aveva nemmeno la decenza di fingere, di nascondere i rumori. Quelle urla e quella platealità la umiliavano ancora di più agli occhi di tutto il Regno. Voleva non pensarci, e l’unico modo era provare sensazioni forti, devastanti. I due cazzi neri stavano ancora sfondando il suo culo, senza pausa. Tuttavia sapeva che erano agli sgoccioli. In pochi secondi, entrambi la riempirono di caldo seme. La pressione e la violenza fu tale, che parte degli schizzi fuoriuscì impetuoso, lambendo il ventre dello schiavo alle sue spalle. Lentamente i due si tirarono fuori dall’ano reale e lasciarono la Regina a quattro zampe sul letto, con la figa grondante umori, martoriata dalle dita che insistentemente carezzavano il clitoride. Il liquido vaginale lambiva l’interno delle sue cosce e aveva fatto due piccole macchie d’umidità sulla coperta sotto le sue ginocchia. A quell’umido si stava unendo lo sperma che iniziò a fuoriuscire copioso dall’ano così aperto da poterci infilare un pugno intero. Colò sulle natiche, tra le cosce, piuttosto liquido. La sensazione del seme che le colava addosso era una sensazione odiosa, ma che si univa a quel contrastare di piacere e dolore che le faceva dimenticare tutto il resto. Ansimava e tremava per entrambi. Il velo che le copriva il volto era bagnato, davanti alla bocca, per via della saliva che copiosa colava dalle labbra aperte, che stringevano il mordente. La saliva le colava lungo il collo quando alzava la testa, e ciò la faceva sentire sporca. In bocca. Nel culo. Nella figa. Sporca e lurida, ma nascosta dalle vesti così opprimenti. Un diritto e una sofferenza anche quelle. Scosse il capo. Non voleva pensare. Non doveva. Voleva solo godere, tremare ancora di piacere e dolore. Soffrire fino a dimenticare chi fosse e godere fino a svenire.
- Ancora! mugugnò con ancora il mordente tra le labbra.
LinguaAbile non se lo fece ripetere due volte e indicò agli altri due schiavi come disporsi, per penetrarle insieme l’ano! La guardò preoccupata. Era la prima volta che chiedeva il secondo giro. Di solito dopo la prima inculata cadeva svenuta sul letto. La sua sopportazione era cresciuta tanto. La sua Regina aveva bisogno di soffrire per godere, e più aumentava il suo limite, più voleva soffrire. Si chiese se un giorno non sarebbe andata troppo oltre.


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