Sapevo che mi sarei fatta del male da sola, ma te lo chiesi ugualmente, del resto non è un segreto che io sia un po’ masochista e nemmeno che talvolta il confine tra sofferenza ed eccitazione è davvero sottile. Ero troppo curiosa di conoscere le dinamiche e i particolari di quel rapporto che avevi vissuto poco prima che io capitassi nella tua vita, che era stato forse breve ma sicuramente pieno, così come è piena qualsiasi cosa che vivi. Sapevo soltanto che lei era sposata, che aveva un figlio, che poteva avere all’incirca 45 anni. Sapevo che, fatta eccezione per i suoi bei capelli ricci, non era esattamente bella, ma sapevo anche che per te questo poco importa, una volta che le metti alla pecorina i lineamenti del viso non incidono molto. E sapevo che l’avevi conosciuta in un contesto simile al mio: anche lei era una tua cliente, anche lei era venuta da te per farsi fotografare, e anche con lei il tutto era esploso tra uno scatto e l’altro. Questa similitudine, tra la tua storia con me e quella con lei, mi bruciava, era come se mi sentissi sminuita: mi avevi detto di non aver mai provato un trasporto come quello che hai provato per me mentre mi fotografavi, che non ti era mai capitato di saltare addosso ad una cliente, mi dicevi che di solito rimanere dall’altra parte dell’obiettivo non era un sacrificio per te, nemmeno nel momento in cui stavi fotografando una donna nuda, perché ormai per te era l’abitudine, che soltanto con me avevi perso la bussola. Quando poi mi parlasti di questa ricciolona ebbi modo di rendermi conto che non mi avevi detto del tutto la verità, e soprattutto che nemmeno stavolta ero riuscita ad essere una novità, nemmeno il nostro incontro aveva niente di nuovo per te, anche quello l’avevi già vissuto. Mi faceva già abbastanza male ma volli sapere di più e ti chiesi di raccontarmi come era andata con lei, com’era cominciata, cosa vi eravate detti e cos’era successo durante quel set fotografico.

Io, da sola, semidistesa nel mio letto, poca luce, con una mano reggo il telefono pronta a leggere i tuoi messaggi che stanno per arrivare, con l’altra mi accarezzo con nostalgia e malinconia le labbra ed il collo, desiderando che quelle dita siano le tue, e invece sono soltanto mie. Mi manchi da morire e avrei voglia di godere insieme a te, di dirti di correre da me, ma so che non puoi farlo, tua moglie è lì con te. Si avvia un meccanismo perverso per il quale comincio a provare eccitazione anche per quello che mi stai per raccontare, ed infatti ecco che arriva il tuo primo messaggio e la mia mano comincia a scendere palpando delicatamente ogni angolo del mio corpo che sta scottando tanto è il desiderio e tanta è la gelosia.

E’ stato un paio di mesi prima di conoscermi, forse neanche. Un tumore si stava portando via tua madre e tu passavi le notti con lei in hospice, ma questo non ti impedì di lasciarti andare all’ennesimo giochino erotico che ti si stava presentando. Lei venne nel tuo studio e ti disse che voleva realizzare un calendario sexy per suo marito. Questo fu il punto di partenza, poi prendeste il volo. Iniziarono chat infinite, notturne, mentre tu eri in hospice accanto a tua madre e lei magari sul divano di casa sua, bagnata come una fontana, a toccarsi come mi sto toccando io adesso, mentre il marito ignaro dormiva in camera da letto, come tua moglie sta facendo in questo momento. Il tuo modo di fare lo conosco bene, l’amo lo lanci sempre, la battutina piccante non te la risparmi, poi sta a chi hai davanti la scelta di lasciar cadere o di cogliere. Lei ovviamente colse. Ti stuzzicò dicendo di voler regalare questo calendario a suo marito per appagare le sue fantasie. Tu facesti salire il tono della conversazione dicendole che avrebbe potuto fare tutto quello che voleva davanti al tuo obiettivo, anche masturbarsi, che le avresti fatto qualsiasi tipo di foto. Lei non aspettava altro e da brava vacchetta ti incalzò con le solite domandine retoriche del tipo “E se io faccio questo, tu poi che fai?”. E anche qui conosco la tua risposta: “Io faccio quello che mi lasci fare”. Praticamente avevate già scopato in chat e belli carichi arrivaste al gran giorno prestabilito per le foto. Lei si presentò con tre vibratori che poi alla fine non usò ma che sicuramente ti infiammarono ulteriormente perché ai tuoi occhi la rendevano ancora più troia, esattamente come piace a te. Mi hai detto che non ti ricordi com’è che hai iniziato a toccarla… forse semplicemente non me lo vuoi dire, o forse ormai avevi lo sperma che frullava nelle meningi e hai agito in modo talmente istintivo e animalesco che non hai nemmeno fatto in tempo a memorizzare. Quel che ti ricordi, e quel che anch’io ormai ho davanti agli occhi, è che durante tutto il servizio fotografico si alternavano momenti in cui la toccavi a momenti in cui la fotografavi. La titillavi un po’ come solo tu sai fare, portavi la sua eccitazione alle stelle, poi smettevi, le facevi qualche foto, e quando un set ti pareva a posto la toccavi di nuovo. Le regalasti due orgasmi che credo non dimenticherà per tutta la vita, uno con le tue dita che non sbagliano mai una minima mossa, e uno con la tua lingua che adesso sta facendo godere anche me al solo immaginarla mentre si insinua tra le mie gambe. Poi altre foto. Poi tiri fuori il cazzo e lei te lo prende in bocca. Poi di nuovo altre foto. Un intero pomeriggio così, fino ad arrivare al tuo cazzo che perlustra la sua figa e che va ad esplodere nel suo culo. Ed io sono qui che vi guardo, vi vedo come se foste qui in camera mia, vedo sborrare te, la tua espressione estasiata e mi domando se ti piace così tanto anche quando lo fai con me.

Dopo quella volta tu la cercasti ancora, ovviamente volevi replicare il tutto, ma lei a quanto pare fu assalita dai sensi di colpa, non se la sentiva di continuare a tradire il marito, disse che avrebbe dovuto essere soltanto un gioco e che si era fatta prendere troppo la mano. E non solo la mano, aggiungerei. Quando il calendario fu pronto venne a ritirarlo nel tuo studio, forse per non cadere in tentazione si fece accompagnare dal figlioletto, ma non aveva considerato che mentre il ragazzino se ne stava sul divano a curiosare il tablet, nulla poteva impedirle di farti un altro bel pompino nella stanza accanto, in silenzio, stando attenti ad ansimare con moderazione. Le riempisti la bocca e lei ingoiò, poi tornò dal figlio come niente fosse e si avviò verso casa col calendario da regalare al marito, sempre come niente fosse. Da lì non ci furono più motivi per vedervi e lei trovò la forza di rifiutare i tuoi inviti espliciti.

Sfinita ti confessai che mi ero masturbata durante il tuo racconto, che l’avevo trovato tremendamente stimolante, ma che avrei voluto esserne io la protagonista.

Quelli erano giochi – dicesti tu – con te l’atmosfera è stata diversa fin da subito. C’era la voglia irresistibile di scoparti ma anche la paura di correre troppo e rovinare tutto, di farti scappare e non vederti più. E quando mi accorsi che ricambiavi il mio interessamento percepii un’intimità nuova, come se si trattasse anche di una tenera confidenza di due persone che si conoscono da tempo, una cosa insolita dal momento che ti conoscevo solo da mezz’ora. Era decisamente tutto diverso da quello che ho vissuto con la ricciolona e con molte altre. Era molto diverso dalla semplice situazione che vede protagoniste due persone che vogliono scopare. Con te era un’intesa sussurrata, sottopelle.

Mi sforzo di crederti, di sentirmi importante e diversa dalla massa di fighe che hai ripassato in questi lunghi anni. Eppure il senso di inquietudine rimane e non posso fare a meno di domandarmi che cosa succederebbe se anche quest’anno lei volesse rifare il calendario per suo marito…
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