“Micol, sei pronta?”

“Vado un secondo in bagno e arrivo”

“Lo sai che siamo in ritardo, vero?”

“Senti, non è un appuntamento di lavoro, è una serata tra amici, saremo una decina e ognuno arriva quando gli pare, l'orario in cui si è deciso di trovarci è indicativo, tanto dobbiamo solo stare seduti in un locale, mica andare chissà dove”

“Però non è neanche carino arrivare per ultimi ogni volta”

Dio santo, ma vacci da solo e lasciami in pace! Guarda che qualche volta te lo grido in faccia tanto forte che ti faccio sbiancare! Cretina io che gli ho detto che sarei andata con loro, come se non sapessi che poi alla fine non ne ho mai voglia. Lì per lì quando arriva l'invito non so cosa entra in gioco ma un minimo di slancio per accettare lo trovo. Ma sì dai, andiamo, così passiamo una serata un po' diversa, sono troppo giovane per passarle tutte sul divano davanti alla TV, del resto lo fanno tutti, evidentemente a tutti piace, quindi non dev'essere poi così male stare seduti in un locale, in compagnia di amici, a scambiare quattro chiacchiere e due risate. Poi sapevo che Daniele ci teneva ad andare e che voleva andarci con me, non me la sentivo di dirgli di no. Però man mano che si avvicina il momento di uscire, la domanda “ma chi me l'ha fatto fare?” diventa sempre più martellante e l'impazienza di Daniele di raggiungere gli altri sempre più fastidiosa. Ma che motivo c'è di scalpitare così? La serata sarà già abbastanza lunga, arrivare con un po' di ritardo e quindi accorciarla un pochino non può fare altro che bene! Ma a quanto pare sono l'unica a pensarla così: lui non vede l'ora di essere là e salutare gli amici a suon di pacche sulla spalla, sedersi ad un tavolino, ordinare una birra e parlare... di cosa? Boh, e chi l'ha mai ascoltato... di calcio presumo, e di lavoro, delle vacanze fatte e di quelle che non si è riusciti a fare, dell'immigrazione, dell'economia che va a rotoli, dei politici che fanno la bella vita con i nostri soldi, del mondo che va a puttane, di mister X che si scopa madame Y... ho notato che meno la gente scopa e più sta lì a far caso a chi, come e perché scopa qualcun altro... beh, del resto l'abbiamo appena detto che il mondo gira storto. Uscire con loro è come guardare un telegiornale o un programma di gossip, giustamente proprio le cose che detesto e che sulla mia TV, seppur sempre accesa, non troverete mai.

Ed eccoci dunque seduti a questo famoso tavolino, io, Daniele e i soliti noti, il solito gruppetto del sabato sera. Ogni settimana c'era una discussione con Daniele perché lui di questi elettrizzanti sabati sera non voleva perdersene nemmeno uno e io invece di timbrare il cartellino ogni settimana non ne volevo proprio sapere e pertanto lui era costretto a decidere se stare a casa con me, “a fare la muffa sul divano”, come diceva, oppure se uscire come single e raggiungere i suoi amici. Ahimè, diverse volte sceglieva me e il divano. E stasera, doppio ahimè, avevo dovuto accontentarlo e uscire con lui, anzi, con loro. Quel gruppo, ma più in generale quasi tutte le uscite in compagnia, aveva la capacità di spegnermi il cervello, perché per me è sempre stato così: più gente c'è e più io mi perdo via, nei miei pensieri, più gente c'è e meno mi viene voglia di parlare ed ascoltare, più gente c'è e più io resto in silenzio. Strano vero? In teoria dovrebbe esserci maggiore possibilità di interagire, perché se non c'è feeling con una persona, ci sarà con un'altra, almeno una su dieci la si trova! No, io non la trovavo. Forse perché in linea di massima non mi piace fare conversazione, pertanto quando mi trovo all'interno di un gruppo mi siedo sugli allori e lascio che siano gli altri a portare avanti le loro chiacchiere, so che anche se io sto zitta quelli che parlano ci sono lo stesso e quindi la conversazione del gruppo non decade. Molto diverso in un'uscita a due, lì devo parlare per forza, la persona con cui sono può anche fare dei lunghi monologhi, ma prima o poi un cenno di vita bisogna darglielo, quindi sono costretta a ribattere. Da una parte sono meglio le uscite in gruppo, così posso isolarmi e lasciar fare tutto agli altri, ma bisogna chiudere un occhio sulla noia mortale che ne deriva.

“Cosa vi porto, ragazzi?”

Ecco, magari almeno al cameriere però è meglio se rispondo, almeno con lui due parole scambiamole, anzi, esageriamo, scambiamone sei: “Per me una crema al whisky”

Tempestivamente arriva tutto quello che abbiamo ordinato, al contrario della serata che scorre lentissima, i camerieri sono molto celeri. Porto alla bocca il bicchiere, faccio per assaggiare il liquore, i miei occhi sono rivolti sulla piazza gremita di gente e mi sto domandando come accidenti fanno tutti quanti ad essere così allegri, o quantomeno a dare quell'impressione. Fra le tante persone sorridenti che mi trovo davanti, mi catalizzo su di una che, vedendola, mi manda quasi di traverso il whisky. Era lei? Era un po' lontana e poi non la conoscevo bene, l'avevo vista solo qualche volta di sfuggita, un po' così come adesso. Dio mio no, fa che non sia lei. Eppure le somigliava tanto, cazzo. Stesse espressioni, la statura è quella, i capelli erano più corti ma potrebbe esserseli lasciati crescere in tutto questo tempo. Cazzo no, quell'altra è sua cugina, la riconosco benissimo, allora anche lei è proprio quella che pensavo che fosse, lei e sua cugina escono sempre insieme. E lui? Sicuramente ci sarà anche lui, sarà poco lontano col marito della cugina. In preda ad una terribile ansia comincio a scrutare ovunque. Anche le due donne adesso si sono fermate e si girano per guardare dietro le loro spalle, come se aspettassero qualcuno che le sta per raggiungere. Cerco di guardare nella direzione in cui guardano loro ed ecco che infatti riesco a scorgerlo, intento a parlare col marito della cugina. Vengono avanti lentamente, raggiungono le loro donne e tutti e quattro vengono verso il locale al quale siamo seduti anche noi. Il whisky mi si sta letteralmente bloccando in gola, non riesco più a deglutire, mi viene caldo, mi sento in gabbia, vorrei alzarmi e correre, non so se incontro a lui o il più lontano possibile da lui, ma comunque correre! E loro si avvicinano sempre più, conversando amabilmente, tutti sorridenti, scelgono un tavolino distante pochi metri dal nostro, sua moglie gli passa davanti per andarsi a sedere e lui accompagna questo suo movimento appoggiandole delicatamente la mano sulla schiena. Mi ribolliva il sangue dalla rabbia e dalla gelosia, in quel momento ero talmente furiosa che avrei potuto con un solo dito scaraventare il nostro tavolo addosso a quei quattro. Erano passati due anni ma ancora non potevo sopportare di vedere le sue mani su un'altra donna, sia pure in un gesto innocente come quello che aveva appena fatto. Si erano accomodati e il cameriere prontamente andò a chiedere che cosa volessero bere. Non sentii le risposte ma sicuramente lui aveva ordinato il suo solito, immancabile, spritz.

“Tutto bene?” - Daniele tra una cazzata e l'altra che stava sparando con i suoi amici, mi chiese se fossi ancora in questo mondo.

“Sì, certo, tutto bene” - risposi subito

“Ma non hai ancora detto una parola” - ribatté lui

“Non ripetermelo ogni volta, lo sai che non sono di molte parole, stasera poi sono stanca, tu non ci badare, vai avanti a chiacchierare” - dissi cercando di mascherare l'insofferenza che provavo verso di lui, verso la serata, e verso questo senso di impotenza che mi attanagliava.

Ecco che il cameriere torna a quel tavolo, gli porge il suo spritz, come previsto. Adesso lo berrà quasi tutto d'un fiato, avrà sete, lo conosco. E così fu, infatti. Aveva appena tirato questa bella sorsata quando al nostro tavolo, non so a causa di quale stronzata che fosse stata detta, scoppiò una chiassosa risata di gruppo che inevitabilmente attirò l'attenzione di buona parte dei clienti del locale, tutti si girarono a guardarci. Anche lui, e fu in quel momento che i nostri sguardi si incontrarono. La sua espressione stupita e incredula lasciò lentamente spazio ad un sorriso incantato, che ricambiai quasi con le lacrime agli occhi. Abbassai il viso per un po', sorseggiando il mio whisky, non riuscivo a guardarlo ma sentivo che lui stava continuando ad osservarmi. Qualche respiro profondo e poi a poco a poco alzai nuovamente il capo verso di lui, che infatti mi stava ancora fissando. Anche lui in quel momento si esiliò dai discorsi che stavano facendo gli altri tre al suo tavolo, quando gli rivolgevano la parola aveva un tempo di reazione più lungo del solito prima di connettere e rispondere. Notai che sua moglie pareva non accorgersi di niente. Nulla di strano: lei aveva passato trent'anni accanto a lui senza mai accorgersi di niente... o almeno così voleva far credere, a se stessa e agli altri.

Guardandomi pareva dirmi che si sentiva come me, che anche lui percepiva l'inutilità di quella serata, la noia di questo piattume, la nostalgia per i nostri sabati sera che erano un po' diversi da questi. Mai come in quel momento desiderai di essere in uno dei locali per scambisti in cui andavamo tempo prima, insieme a lui, a farmi scopare in tutti i modi e in tutti gli angoli possibili, davanti a tutti, senza che nessun altro a parte lui potesse sfiorarmi. Mi facevano impazzire queste situazioni, e l'esibizionismo è uno dei tanti lati di me che ho dovuto sedare per poter stare con Daniele. Con lui invece mi incastravo perfettamente, lui era come me. Passavamo intere giornate in quei posti a fare sesso o a coccolarci davanti a tutti, con tutti che mi sbavavano dietro e che mi desideravano, che ci chiedevano di poter partecipare ai nostri giochi, e io sempre pronta a rispondere “No!”, perché io ero sua e godevo nel dimostrarlo a tutti quanti, nel dimostrare che tutti potevano guardarmi e desiderarmi ma che solo lui poteva avermi, li facevo andare fuori di testa e mi divertivo da matti ad elevare lui sopra ogni cosa, a sbattere in faccia a tutti gli altri che lui era il migliore perché io avevo scelto lui e volevo solo lui. Quello sì che era il mio ambiente, altro che questi localini del cazzo! Certo mica eravamo là tutti i giorni, ci si andava ogni tanto per evadere e trasgredire, ma c'è da dire che con lui stavo bene ovunque, anche in un localino del cazzo come questo, anche a casa, al supermercato, sarei stata bene anche in discarica con lui perché stavo bene con lui, insieme a lui. Di lui mi piaceva tutto da impazzire. Tutto tranne sua moglie e la loro vita insieme che lui non voleva troncare, tanto che preferì troncare con me, o per meglio dire fare in modo che io stessa mi allontanassi e mi creassi un'altra vita, un'altra strada, per fuggire dalla strada senza uscita che mi offriva lui. Erano passati due anni ma le sensazioni erano le stesse, immutate e sempre tremendamente vive. Dagli sguardi che mi lanciava, per lui doveva essere lo stesso. Avevo assolutamente bisogno di restare sola con lui, di vederlo da vicino, di toccarlo, di averlo solo per me, almeno per pochi minuti. Non occorrevano molte parole tra di noi, ci capivamo anche soltanto guardandoci, e pertanto sapevo che se mi fossi alzata e fossi andata in bagno lui di lì a un minuto avrebbe fatto la stessa cosa per seguirmi. Lo guardai ancora, appassionatamente, con occhi che bruciavano di desiderio come ogni altro centimetro del mio corpo.

“Amore, bevi ancora qualcosa?”

“No Daniele, magari dopo, adesso vado un attimo in bagno”

“Ti senti bene?” - domandò perplesso

“Ma certo, ho detto che vado in bagno, mica all'ospedale! - nascondere il fastidio che provavo verso Daniele era sempre più difficile e lui restò un attimo di stucco davanti a questa mia reazione spazientita, ma parve digerirla subito, del resto anche lui in quasi due anni pareva non essersi mai accorto di niente, pareva convinto che tra noi andasse tutto a gonfie vele - Dai, vado, torno subito” - aggiunsi alzandomi dal tavolino e ammiccando verso Guido.

Andai in bagno, non era accogliente quanto i privé dei locali per scambisti ma non mi importava, l'importante era che arrivasse in fretta, non potevo più attendere nemmeno un secondo per riaverlo. Ogni volta che si aprivano le porte del bagno mi si fermava il cuore perché poteva essere lui. C'era un gran viavai di gente quella sera, anche in bagno, ma non mi importava, avrei fatto l'amore con lui anche davanti a tutti, nonostante non fossimo nel locale idoneo.

Ero lì appoggiata al muro e me lo trovai davanti, mi mise una mano dietro la nuca e baciandomi mi spinse ulteriormente contro la parete, mi faceva male la schiena ma me ne accorsi dopo, lì per lì sentivo solo la sua lingua che si muoveva affamata nella mia bocca. Mi infilò l'altra mano nei pantaloni e appena mi sfiorò cominciai ad ansimare. Sentimmo voci di ragazzi che si stavano avvicinando, allora mi trascinò in uno dei bagni delle donne e ci chiudemmo dentro. Il pochissimo spazio, l'odore nauseante del cesso e i miei pantaloni stretti come una morsa non ci fermarono.

“Vedo che il tuo nuovo ragazzo non ha l'abitudine di scoparti dove capita, altrimenti andresti in giro con minigonna e niente mutande, come facevi con me”

“Lui non fa assolutamente niente di quello che facevi tu”

Furono alcune delle poche parole che riuscimmo a pronunciare tra un bacio compulsivo e l'altro, mentre le sue dita mi penetravano e si muovevano velocemente come piaceva a me, se ne ricordava. Io intanto slacciavo voracemente la mia camicia e la sua, tanto che mi si staccò un bottoncino, poi slacciai anche il reggiseno, cacchio, avevo indossato persino quello, e appena fummo liberi dai vestiti lo strinsi ancora più forte per sentire la sua pelle che si fondeva con la mia, il suo calore e il suo profumo. Poi gli slacciai i jeans, lui il vizio di indossare le mutande non l'aveva ripreso e potei facilmente raggiungere e toccare le sue parti intime. Feci per abbassarmi e prenderglielo in bocca ma evidentemente aveva deciso che prima toccasse a lui: si abbassò il più possibile, mi calò i pantaloni e sobbalzai dal piacere appena la sua lingua tocco il mio clitoride. Continuava a sfondarmi con le dita mentre mi leccava e io, eccitata com'ero, venni in poco più di un minuto, quasi urlando. Dopo un po' si rialzò e zittì i miei ultimi mugolii con un bacio quasi violento tanto era appassionato. Ora finalmente toccava a me, non vedevo l'ora di risentire il suo sapore, mi chinai verso il suo pube, e accolsi il suo pene turgido e bagnato nella mia bocca. Lo sentivo diventare sempre più duro mentre lo succhiavo e lo leccavo, non vedevo l'ora di farlo venire nella speranza di regalargli un orgasmo che fosse bello almeno la metà di quello che lui aveva appena donato a me. Avrei voluto sentire il suo sperma ovunque, nella mia bocca, nella mia vagina, sentirlo colare sul seno e sulla pancia, oppure sulla schiena, ma decisi invece di farlo venire nel posto che probabilmente preferiva, e che anche a me piaceva da impazzire. Mi voltai dandogli le spalle e mi piegai in avanti, lui capì immediatamente quello che volevo, si abbassò e con la lingua iniziò a sollecitare e bagnare il mio ano, poi mi infilò un dito e cominciò a massaggiarmelo e io ad ansimare di nuovo. Si riportò in piedi e mettendomi una mano sotto la gola fece raddrizzare anche me, tenendomi sempre un dito dentro e baciandomi il collo, cosa che al solo pensiero mi mandava in estasi.

“Quanti altri sono passati qui dentro?” - mi sussurrò all'orecchio spingendo il dito dentro con maggior forza

“Nessuno, dopo di te nessuno, te l'avevo promesso che il culo non l'avrei dato a nessun altro”

“Sì ma fin tanto che eravamo insieme” - ribatté lui spingendo sempre più energicamente

“No, nemmeno dopo, quello sarà sempre e solo tuo, te lo darò ogni volta che vorrai, dovessero anche passare degli anni tra una volta e l'altra”

“Sei sempre la mia adorabile troietta” - mi disse prendendomi il viso con una mano, facendomi girare la testa indietro e cacciandomi in bocca la sua lingua.

Poi spinse nuovamente il mio busto in avanti per farmi piegare a novanta gradi, ancora una volta si abbassò e mi leccò l'ano per inumidirmelo bene, e poi con uno scatto si alzò in piedi e mi spinse dentro il suo cazzo. Mi afferrò i fianchi con entrambe le mani mentre andava velocemente avanti e indietro dentro di me, sempre più forte fino a quando sentii uscire il suo liquido deliziosamente caldo e lui emise lunghi gemiti di piacere. A quel punto si fermò, da dietro mi accarezzò la pancia, arrivò con le mani al mio seno, lo strinse e mi portò in posizione eretta abbracciandomi forte, mordicchiandomi il collo e l'orecchio e mormorandomi “Tesoro mio...” come ai nostri bei vecchi tempi. Quando il suo pene perse l'erezione e fuoriuscì spontaneamente feci un piccolo passo in avanti allontanandomi da lui, mi voltai, poggiai le spalle al muro e lo guardai estasiata mentre lui faceva altrettanto. Mi venne incontro, mi prese il viso tra le mani e mi baciò teneramente, muovendo dolcemente la sua lingua attorno alla mia, tenendomi sempre schiacciata al muro.

Ero lì appoggiata al muro e lui davanti a me non c'era più, la sua immagine svanì a poco a poco, come un sogno, come una fantasia che mi aveva rapita mentre aspettavo che mi raggiungesse in bagno. Nella mia bocca non c'era stata altra lingua all'infuori della mia, così come sempre e solo mia era la mano che mi stava accarezzando le parti intime dentro le mutandine. Del suo profumo nessuna traccia, soltanto la puzza del cesso, e la mia camicetta aveva tutti i bottoncini a posto, non ne mancava nemmeno uno. Una delusione immensa mi invase, mi sentii maledettamente stupida e non mi capacitavo del fatto che non mi avesse seguita, che non avesse desiderato quello che desideravo io o che gli fosse mancato il coraggio di agire. Non sapevo da quanto tempo fossi in bagno, avevo un terribile nodo alla gola ma dovevo decidermi a tornare al mio tavolino. E adesso che faccio? Faccio finta di niente o continuo a guardarlo? Con passo insicuro raggiunsi la mia compagnia.

“Cavolo, finalmente sei arrivata, stavo per venire a cercarti, non tornavi più!” - esclamò Daniele

“Sì... scusami... ho incontrato una mia ex compagna di classe e ci siamo fermate a fare due parole” - risposi roteando lo sguardo intorno a me

“In bagno?! Bel posto per chiacchierare... perché non l'hai invitata qui con noi?” - ribatté lui

“Perché è stata lei a fermare me, chiedilo a lei perché ha voluto chiacchierare nel cesso! A me sta anche sul cazzo, per questo non l'ho invitata a raggiungerci al tavolino! Soddisfatto?!” - sbottai alzando la voce e destando lo stupore dei suoi amici.

Tutto sommato ero abbastanza brava a raccontare balle, e avevo anche la faccia tosta di sostenerle con arroganza, non me ne ero mai resa conto.

Daniele imbarazzato troncò il discorso, anzi, lo cambiò.

“Dai tesoro, non inquietarti sempre così... vuoi bere qualcos'altro?”

Ma io non riuscivo a rispondere, continuavo a guardarmi attorno. Dove diavolo erano finiti quei quattro? Al tavolino dove poco fa erano seduti, ora c'erano sedute altre due coppie. Che mi sia immaginata tutto quanto? Non solo la bella scopata in bagno, ma anche di averlo visto a quel tavolino?

“Ehi Micol, ma cosa guardi? Cerchi qualcuno?”

“Sì... stavo guardando che fine avesse fatto quella ragazza di cui ti ho parlato, volevo fartela vedere ma non so dove sia andata”

“Beh ma non ti preoccupare, non importa” - disse Daniele stringendomi teneramente la mano.

Sapevo benissimo di non essermelo immaginata, li avevo visti eccome quei quattro seduti a quel tavolino e anche lui mi aveva vista e mi aveva guardata come mi guardava allora, ma forse era meno doloroso fingermi matta, fingere di aver avuto un'allucinazione, piuttosto di ammettere a me stessa che probabilmente non esercitavo più lo stesso fascino di una volta su di lui, e che non mi desiderava più, non tanto da commettere la pazzia di seguirmi in bagno, cosa che due anni fa avrebbe fatto senza esitare. Lo sconforto era talmente forte che avevo quasi voglia di ridere, ridere di me stessa tanto mi sentivo ridicola e impotente.

“Allora, vuoi bere qualcos'altro, amore?”

Abbozzai un sorriso del quale Daniele, come sempre, non colse la disperazione, tanto che lo ricambiò entusiasta.

“Sì, un'altra crema al whisky, grazie”
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