Ylenia salì sul treno notturno Milano-Napoli con un piccolo trolley rosso e un sorriso che sembrava custodire un segreto. Aveva ventinove anni, capelli castano chiaro raccolti in una coda morbida, un vestitino di cotone verde che le arrivava appena sopra il ginocchio e sandali bassi. Nessuno avrebbe immaginato cosa le passava per la testa mentre passava tra i sedili del vagone letto, cercando il suo posto nello scompartimento da sei.
Erano le 23:47. Il treno era semivuoto: molti letti ancora liberi, luci basse, un brusio sommesso di voci e valigie che si sistemavano. Ylenia trovò il suo scompartimento: due letti già occupati. In alto un ragazzo sui trent’anni, occhiali tondi, camicia azzurra sbottonata quel tanto che bastava a mostrare la pelle abbronzata. In basso una coppia di quarantenni eleganti, lei con un foulard di seta, lui con una barba curata e un orologio d’acciaio. Gli altri tre letti erano vuoti.
«Buonasera», disse Ylenia con voce bassa, quasi un sussurro.  «Buonasera», risposero quasi all’unisono, e nei loro sguardi c’era già una curiosità gentile.
Si presentarono mentre il treno partiva con un lieve sobbalzo. Il ragazzo si chiamava Matteo, era un grafico che tornava a Roma dopo un lavoro a Milano. Lei era Valeria, architetto; lui Francesco, medico. Parlavano piano, come si fa quando si condivide uno spazio piccolo e intimo. Ylenia raccontò di essere una fotografa freelance, in viaggio per un progetto sul Sud. Mentiva solo sulla destinazione: in realtà non aveva biglietto di ritorno.
Dopo Firenze spensero la luce centrale. Restò solo la lampadina azzurra da notte. Il treno dondolava ritmico, un suono che ricordava il mare. Ylenia si tolse le scarpe e salì sul letto di mezzo, quello sopra Valeria e Francesco. Sentiva i loro respiri, il fruscio delle lenzuola. Matteo, nel letto di fronte, leggeva con la luce del telefono.
Passarono minuti di silenzio. Poi Ylenia si sporse leggermente dal suo letto e sussurrò: «Non riesco a dormire… qualcuno ha voglia di chiacchierare?»
Valeria rise piano. «Io non ci riesco mai sui treni.»  «Nemmeno io», disse Matteo, posando il telefono.
Cominciarono a parlare di viaggi, di notti insonni, di desideri che a volte nascono proprio quando si è lontani da casa. Ylenia raccontava con una voce calda, lenta, lasciando cadere ogni frase come una carezza. Parlò di quanto le piacesse la sensazione di corpi vicini in spazi ristretti, di come il movimento del treno facesse sentire tutto più intenso. Nessuno si scandalizzò. Anzi, le risposte divennero più intime.
Francesco chiese, quasi per gioco: «E tu, Ylenia, che cosa fai quando non riesci a dormire in viaggio?»  Lei sorrise nel buio. «Dipende da chi ho vicino.»
Ci fu un silenzio denso, elettrico. Poi Valeria, con una voce che tremava appena di eccitazione: «E stasera chi hai vicino?»
Ylenia scese piano dal suo letto. Il vagone oscillava, le luci dei paesi sfrecciavano fuori dal finestrino come stelle filanti. Si sedette sul bordo del letto di Valeria e Francesco. Valeria le prese la mano, la strinse. Francesco si spostò per farle posto. Matteo, dall’alto, guardava con gli occhi spalancati.
Non ci furono parole grosse, solo gesti lenti. Ylenia si chinò a baciare Valeria sulla bocca: un bacio dolce, curioso, che divenne subito profondo. Francesco le accarezzò la schiena, poi il collo, poi infilò le dita tra i capelli di entrambe. Matteo scese dal suo letto e si inginocchiò sul pavimento, tra i sedili. Le sue mani trovarono le caviglie di Ylenia, salirono piano lungo le gambe.
Il vestitino verde scivolò verso l’alto, poi fu tolto del tutto. Ylenia rimase in reggiseno di pizzo nero e slip dello stesso colore. Valeria si slacciò il foulard, lo lasciò cadere, poi la camicetta. Francesco si tolse la maglietta, rivelando un torace forte e abbronzato. Matteo si avvicinò, baciò il ginocchio di Ylenia, poi la coscia interna, lentamente.
Il treno entrò in una galleria: per qualche secondo fu buio totale. In quel buio Ylenia sentì quattro mani su di sé, due bocche che la cercavano. Quando la luce azzurra tornò, Valeria stava baciando il collo di Matteo mentre Francesco le accarezzava i seni sopra il reggiseno. Ylenia si sdraiò sul letto inferiore, tra Valeria e Francesco. Matteo si mise ai loro piedi.
Non c’era fretta. Si toccavano come se avessero tutto il tempo del mondo. Ylenia baciava Valeria, poi Francesco, poi Matteo, passando da una bocca all’altra con naturalezza. Le mani di Francesco scivolarono sotto il reggiseno di Ylenia, trovarono i capezzoli già duri. Valeria le tolse gli slip con delicatezza, poi chinò la testa tra le sue gambe. Ylenia inarcò la schiena, un sospiro lungo che si perse nel rumore del treno.
Matteo si spogliò completamente, il suo corpo giovane e snello illuminato dalla luce fioca. Si avvicinò a Valeria, le baciò la schiena mentre lei continuava a leccare Ylenia con dolcezza infinita. Francesco si posizionò dietro Valeria, le abbassò piano le mutandine, entrò in lei con un movimento lento, quasi reverenziale. Valeria gemette contro la pelle di Ylenia, trasmettendo il piacere a catena.
Cambiarono posizione più volte, come in una coreografia improvvisata. Ylenia si ritrovò sopra Matteo, accogliendolo dentro di sé mentre Valeria le baciava il collo e Francesco le accarezzava la schiena. Poi fu Valeria a sdraiarsi, Ylenia tra le sue gambe, Matteo dietro Ylenia, Francesco che baciava Valeria. I corpi si intrecciavano, si scambiavano, si riconoscevano nel buio.
A un certo punto aprirono la porta dello scompartimento: il corridoio era deserto. Un altro passeggero, un uomo sulla cinquantina con camicia bianca e cravatta allentata, passava di lì per caso. Si fermò, guardò, sorrise. Ylenia gli fece cenno di entrare. Lui chiuse la porta dietro di sé. Si chiamava Paolo, veniva da Bologna, tornava a casa dopo un congresso. Non disse altro. Si spogliò e si unì a loro con la stessa naturalezza con cui si accetta un caffè offerto.
Adesso erano in cinque. Lo spazio era stretto, ma il dondolio del treno sembrava fatto apposta per quel ritmo. Ylenia era al centro, baciata, accarezzata, penetrata da mani e bocche diverse. Sentiva il piacere montare come una marea lenta. Valeria le teneva la mano, la guardava negli occhi mentre Francesco la prendeva da dietro. Matteo era dentro Ylenia, Paolo le baciava i seni. Non c’erano ruoli, solo corpi che si cercavano.
Il piacere arrivò a ondate. Prima Ylenia, con un lungo sospiro che si trasformò in un gemito sommesso. Poi Valeria, stringendo forte la mano di Ylenia. Matteo e Francesco quasi insieme, con respiri profondi. Paolo ultimo, tenendosi stretto a Valeria mentre veniva dentro di lei.
Rimasero abbracciati, sudati, sorridenti, mentre il treno continuava la sua corsa verso sud. Nessuno parlava. Solo respiri, qualche risata leggera, carezze pigre. Paolo si rivestì per primo, baciò Ylenia sulla fronte e uscì in silenzio. Gli altri si sistemarono sui letti, corpi ancora vicini, lenzuola aggrovigliate.
Ylenia si addormentò tra Valeria e Francesco, la testa sul petto di lei, la mano di lui sulla sua schiena. Matteo la guardava dal letto di sopra, sorridendo. Quando il treno arrivò a Roma Termini, all’alba, si salutarono con baci lenti e numeri di telefono scambiati in fretta.
Ylenia scese a Napoli con il trolley rosso e un sorriso ancora più grande di quando era salita. Il vestito verde era un po’ stropicciato, i capelli scompigliati, ma si sentiva piena, leggera, viva. Il treno ripartì verso sud, portando con sé il ricordo di una notte in cui cinque sconosciuti avevano condiviso molto più di uno scompartimento.
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